
Stories by the “Creative Curious Travellers 2018” about the city of Palermo. A project by CCT-SeeCity. Thanks to: CLAC | @Igers.Palermo | MINIMUM | PUSH. | SeeCily Tourism Services – InfoPoint Palermo | USE-IT Palermo | ALAB | SAM! | Pasticceria Cappello | Caffè Letterario Teatro Garibaldi | Good Company Sicily | Addiopizzo | Addiopizzo Travel | Visit Palermo | Wonderful Italy.
Testo: Stefania Rinaldi | Foto: Simone Ridi
PALERMO È stato facile individuare l’idea che la scorsa estate ci ha portato nel capoluogo siciliano (e Capitale italiana della cultura 2018). Ancora più limpida la realtà, che ci ha convinti a disattenderla appena arrivati in città.
Siamo partiti con l’intento di osservare il territorio attraverso lo specchio di un racconto contemporaneo, stimolato dalla presenza straordinaria degli artisti invitati per la Biennale Manifesta 12 dal titolo ‘Il giardino planetario | coltivare la coesistenza‘. Nel 1997 infatti il botanico francese Gilles Clément racconta il mondo utilizzando il termine giardino planetario, di cui l’altissimo compito del giardiniere viene affidato all’intera umanità. “Il pianeta rientra perfettamente nelle definizioni di giardino: siamo infatti in uno spazio chiuso comune” dove tutti siamo nostro malgrado invitati ad una convivenza e condivisione obbligatoria di tutto ciò che necessita per la nostra sopravvivenza.
Le strade, le architetture, i giardini, il racconto dell’eredità culturale e delle storie personali dei cittadini hanno conquistato i nostri sensi fin dal primo momento, spingendoci ad incamminarci – ovunque a piedi – per vie vicoli e viottoli tortuosi, sempre più dentro ai quartieri, senza avvertire mai alcuna esigenza di uscire dal centro della città. Una continua sorpresa, una forte volontà di riappropriazione dello spazio crea una presa di suolo spontanea che risponde spesso all’urgenza dell’assenza di spazio privato e all’idea insita in ognuno di sostituirsi alla cura del bene comune quando questo rimane vuoto, residuale, dimenticato.
Un infinito giardino immaginato, luogo di bellezza e multicultura nella sua fioritura umana, nelle sue tracce di epoche che si sovrappongono e si stratificano, tutte visibili in un’unica costruzione, tutte legittimate all’esistenza al di là delle regole imposte.
Una geografia di piani e nuove rotte, un continuo movimento che fissa i suoi punti nei muri tirati su per chiudere un cortile o delimitare un affaccio e che delinea l’identità negli altari provvisori che chiudono le strade per la festa di Santa Rosalia, così come nella trasformazione interna degli edifici per la costruzione scenica legata alla festa della Madonna per le confraternite.
L’Orto Botanico
Al margine del centro storico, troviamo l’Orto Botanico, fondato nel 1779 come laboratorio in cui coltivare, studiare, sperimentare, mescolare le diverse specie vegetali. Al suo interno Leone Contini presenta il progetto Foreign Farmers, ispirato dalla genealogia spesso ibrida delle piante e dei vegetali siciliani. L’artista costruisce un pergolato nello spazio dell’ex giardino coloniale, un tempo dedicato agli esperimenti di acclimatazione di specie provenienti dalle colonie, che hanno portato in un processo naturale di mescolanza e adattamento negli anni alla creazione di ibridi oggi diventati peculiari e identitari all’interno delle coltivazioni del territorio. La cucuzza, la zucca estiva tipica nella cucina domestica siciliana, viene coltivata in condivisione con i similari bengalesi, srilankesi, filippini, turchi e cinesi, ricordandone le origini, creando così una coabitazione fruttifica. Chiedo a Leone un piccolo dono, così porto a casa i meravigliosi semi rossi della zucca amara, il prossimo anno avremo i suoi frutti nel nostro orto urbano.
L’orto sociale di Danisinni
Appena fuori Porta Nuova, un po’ di passi lungo via Colonna Rotta e una distesa di campi coltivati tra palazzi più o meno decadenti invece lo sguardo ad una realtà straordinaria, un’unica strada che fa da ingresso e uscita ci porta a Danisinni, quartiere nel cuore di Palermo, sette ettari, duemila abitanti, un luogo che confina con l’area turistica centrale della città ma dalla quale non trae alcun beneficio. Siamo infatti in un quartiere in cui manca l’essenziale, senza alcuna attività commerciale, costretto interno alle nuove fortificazioni di cemento che sono i palazzoni delle prime periferie. Veniamo accolti dai membri della Confraternita della Parrocchia Sant’Agnese e dal suo parroco francescano. Fra Mauro ci stringe calorosamente la mano e ci accompagna sul retro della piccola chiesa. Ci racconta che nel 2015 i terreni che circondano il quartiere vengono sottratti al degrado e all’abusivismo per diventare fattoria didattica e orto sociale restituiti alla comunità, luogo di socializzazione aperto. Qui si allevano gli animali in libertà, si coltivano gli ortaggi, l’università crea sperimentazioni di permacultura, l’Accademia di Belle Arti e alcuni street artists invadono il quartiere con i segni del contemporaneo. Tra i progetti qui di recente realizzati e in corso d’opera: Rambla Papireto (eventi di arte urbana e sociale) e Chapitô Circ’All (spazio dedicato alle arti circensi e performative) e DanisinniLab (incubatore culturale e artistico e laboratorio per l’inclusione sociale ed il recupero del quartiere). A noi, rimane il ricordo del sapore dolce del pomodoro colto dalla pianta e lo sguardo fisso sulla bellezza creata dalla riappropriazione del luogo, indicando una rinascita possibile grazie alla forte volontà della comunità.