Monteruga, quel paese fantasma nel Salento

Elena Mazzoni Wagner
Chiesa di Sant'Antonio Abate, Monteruga, un paese fantasma (Lecce)

Dal nostro reportage sul “Salento lento“.


LECCE, Veglie. Sulla strada da San Pancrazio Salentino a Torre Lapillo, c’è un intero paese completamente disabitato dagli anni ’80 e circondato da sconfinati ettari di macchia mediterranea e fertili terreni che lo nascondono agli occhi dei passanti. Per accedere, basta ignorare i cartelli arrugginiti che indicano “Proprietà privata”.

Monteruga è un borgo nato in epoca fascista dallo sviluppo dell’omonima masseria (con i motti del regime ancora visibili all’interno dello stabilimento vitivinicolo) e dominato dalla Chiesa di Sant’Antonio Abate che si affaccia su una piazza d’erba, delimitata da alte palme. Adesso l’altare e le panche della Chiesa sono ricoperte da calcinacci ma almeno qui si può ancora entrare. Sui muri di molti altri edifici, invece, come quelli del porticato, dove un tempo vi erano le dimore dei contadini, si legge ovunque “Pericolo di crollo”.


L’incuria sta tristemente facendo crollare il paese. Sì, questa gigante masseria non era solo un’azienda agricola con frantoio e cantina ma un vero paese dove c’era tutto: oltre la Chiesa e la piazza, c’erano le poste, la scuola rurale e la caserma; c’era la fabbrica del tabacco e persino una pompa di benzina. Qui arrivarono famiglie intere dal basso Salento e altre regioni, creando una comunità autonoma che viveva dei prodotti della terra. E, come in ogni altro paese, qui sbocciavano amori, si facevano matrimoni e figli. Poi la privatizzazione e spartizione dei terreni mentre i centri urbani attiravano a sé sempre più agricoltori.

Monteruga, ormai abbandonata, è passata da mani pubbliche a private, fino a (si dice) Maurizio Zamparini, il presidente del Palermo calcio, con progetti sfumati nel nulla. Il risultato attuale è ciò che si vede: un paese fantasma che ogni tanto risuscita sulle pagine di cronaca locale per brutti affari, come giri di prostituzione o episodi di messe nere. Però nel 2013, qualcosa è cambiato. L’attuale proprietario “Innominato” ha dato casa ad una simpatica coppia, Mimmo e Margherita, che si sta occupando – con tutte le risorse che non ha – di custodire ciò che resta di Monteruga. Così, da qualche anno, questo paese ha almeno due abitanti, qualche lavoratore, alcuni animali da fattoria, molti cani e gatti. I due non dicono nulla sul destino di questo luogo, inutile insistere con le domande. Ma sono felici di raccontarne la storia e lasciar visitare ciò che è ancora “fuori pericolo”.


Oltre a noi, il giorno in cui abbiamo visitato Monteruga, c’era una giovane famiglia venuta a passeggiare. E sempre più persone, ci dicono Mimmo e Margherita, si interessano a questo luogo. Cosa sarebbe se venisse riqualificato nel rispetto della sua storia… Caro Proprietario, avrai di certo notato come l’incuria stia distruggendo Monteruga. Noi sai ancora cosa farci? Ti prego, non dire un agriturismo di lusso che nessuno ne ha bisogno. Prendi ad esempio modelli come Favara, non aver paura di chiedere aiuto, coinvolgi cittadini e associazioni locali. Questa Bellezza, anche se tecnicamente non è più un Bene comune, merita di essere salvata con la sua identità, vale a dire, senza escludere il territorio e la sua comunità.


* NOTA di RINGRAZIAMENTO: Grazie Erika! Non potevamo sperare di avere una “guida” locale più esperta, una vera viaggiatrice, curiosa e appassionata. Grazie di cuore e alla prossima avventura! * MESSAGGIO per i CCTzens: Mimmo ha promesso, organizzeremo un ritrovo a Monteruga! 😉 

Torre Lapillo, Porto Cesareo, Lecce

* Curioso? Qui il reportage completo:

Salento lento: un ritorno alla terra e un nuovo vento


* Qui invece vi raccontiamo un po’ la città di Lecce:

LECCE, quannu mpunna… mpunna buenu!

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