Islanda: Eggilstadir + Myvatn + Dettifoss

Michele Moricci
Dettifoss Waterfall

EGGILSTADIR, ISLANDA | GIORNO #5 Appena svegli non resistiamo dal desiderio di fare nuovamente visita al porto di Hofn. Il sole splende già luminoso, le poche barche sono ancora ormeggiate e la timida vita locale sembra in leggero fermento. Facciamo un po’ di scorte da Nètto, uno dei  supermercati nazionali dove tutto costa troppo. Il formaggio a fettine può costare anche 18€ e una bottiglia di acqua ne costa circa 3; non si sfugge mai dai prezzi folli Islandesi. Caricata l’auto, intraprendiamo il lungo viaggio attraverso il litorale dell’Austurland che ci permetterà di vedere le piccole cittadine affacciate sui fiordi. Allungheremo di qualche km il nostro percorso ma entreremo maggiormente in contatto con la realtà del posto.

Così nel tragitto che costeggia gli splendidi fiordi dell’Ovest, ci lasciamo rapire dai paesaggi incontaminati, dalle cittadine portuali di Djupivogur, Fjardabyggd, Stodarfjordur. Nella prima è presente una vecchia locanda affacciata sul porto che serve cibo tipico e torte ricoperte di panna dall’aspetto un po’ stravagante e poco invitante. Lungo tutto il nostro tragitto abbiamo visto una quantità di pecore libere che mangiano, oziano, si arrampicano e attraversano le strade ordinatamente. Sono allo stato brado e nessuno sembra prendersene davvero cura. Sono libere come lo è l’intera Isola, ma fino all’inverno quando vengono raggruppate e guidate in un posto sicuro  per proteggerle dal freddo glaciale.

Fjord of Iceland


Le nuvole si fanno spazio nel cielo e il grigiore diventa sempre più fitto, fino a quando arrivati a Eggilstadir non inizia a piovigginare. Eggilstadir è una cittadina piuttosto animata rispetto a quelle visitate fino ad adesso ma l’attrazione principale è una grande foresta di alberi provenienti da tutto il mondo, oltre agli Abeti nani che nascono – se pur poco – naturalmente in Islanda. La foreste si espande per molti km e prevede alcuni percorsi di diversa difficoltà, noi intraprendiamo uno dei più semplici che ci guida lungo la spiaggia di sassi che guarda al famigerato lago Lagarfljòt, dove si dice si nasconda da secoli un drago acquatico. Il lago è circondato da alte montagne e da piccoli agglomerati di case. La nebbia, gli abeti e il lago rendono mistica l’atmosfera tanto che all’improvviso sembra di essere piombati in un freddo giorno d’inverno. 

Non lontano da qui sorge l’impronunciabile Fljotdalshreppur, un’altissima montagna che, al suo interno, cela una cascata così grande che si interrompe in ben tre punti. Benché sia spaventato all’idea di salire per 650 mt a piedi – munito solo della forza di volontà – iniziamo la nostra camminata.  La cascata è così lontana che attraversiamo tre cancelli che indicano e delimitano il percorso. La pioggerella è battente ma lo spettacolo è sorprendente. Ad un certo punto, voltandoci indietro, non è più possibile vedere il percorso a ritroso né il parcheggio in cui abbiamo lasciato l’auto. Camminiamo per un’ora tra le rocce e il terriccio, e stiamo attenti a non cadere vittime dei burroni mentre li costeggiamo. Sorpassiamo la prima e la seconda cascata fino ad arrivare alla più grande e alta delle tre: la Fardagafoss.
 
Questa prova atletica e il tardo pomeriggio sembrano essere sufficienti per ritirarci finalmente ad un meritato relax.  Passeremo la notte in una deliziosa baita shabby-chic: la Kalda Lyngholt Home. Un sogno di legno grezzo nascosto in un’atmosfera rilassata, attorniata da un giardino rigoglioso e dalle montagne. Fino ad ora abbiamo scoperto che gli Islandesi sono algidi come i loro ghiacciai. Si limitano a una distaccata cordialità e mantengono le distanze con determinazione; ma i nostri host di Eggilstadir sono pronti a farci ricredere. 
 
Appena arrivati ci chiedono se vogliamo beneficiare di sauna e jacuzzi. All’unisono gridiamo un “sì” deciso e lasciati i bagagli nella baita siamo pronti per godercela. Il nostro host ci riscalda la sauna e la jacuzzi, ci spiega come usarle e ci racconta di aver costruito tutto con le sue mani. Ci intrattiene con i racconti dei turisti asiatici che amoreggiano tra le frasche del giardino durante l’aurora boreale e poi ci saluta. Benché fuori siano appena 8° siamo gasatissimi e pronti a goderci questa atmosfera montanara in maniera totale. Usciamo in costume e finissimi accappatoi in cotone a nido d’ape, pronti per sudare con gli oli essenziali di pino e ad immergerci nell’acqua geotermale dal forte odore sulfureo a 40 gradi.
 
La baita è così confortevole che vorremmo poter rimanere più a lungo. Ceniamo intorno al tavolo e a tarda sera beviamo una tisana sul patio coperti da pesanti panni di lana. La notte qui il cielo è più scuro del solito, la candela illumina il patio nel silenzio e noi ci sentiamo già pronti per una dormita ristoratrice.
 

Iceland's Road


MYVATN, ISLANDA | GIORNO #6 La mattina partiamo diretti a Myvatn, uno dei grandi laghi dell’isola. Sulla strada carichiamo un autostoppista, come abbiamo già fatto altre volte durante il nostro percorso. Lui è diretto a Dettifoss: la cascata più grande d’Europa. Decidiamo che non possiamo davvero perderla e portiamo il nostro passeggero direttamente alla meta. Dettifoss, con i suoi 44mt di altezza e i 100m di larghezza, è situata nel canyon di Jokulsargljufur ed è davvero uno spettacolo sorprendente. Tutta la sua portentosa potenza confluisce con forza nella gola rocciosa e selvaggia. Rimaniamo rapiti ad osservarla mentre una fitta pioggerella si alterna al sole. A poca distanza da quest’ultima, sorge anche la cascata di Selfoss – più piccola ma forse più bella e peculiare di quelle viste fino ad adesso. E’ alta solo 14mt ma sgorga in più punti da un ferro di cavallo roccioso, lo stesso dal quale la si può osservare da diverse angolazione in tutto il suo splendore. La forza dell’acqua e il colore turchese distolgono lo sguardo dal paesaggio brullo e incontaminato circostante. 

Più tardi arriviamo a Namafjall, il parco geotermale della zona. Intorno a noi dune di terra color mattone, giallo e bianco, macchie verdastre e piccole montagne dalle quali escono vapore e forte odore di zolfo.La superficie del parco somiglia assolutamente a come immagino sia il pianeta Marte.Stentiamo a credere di non essere sul set di un film hollywoodiano. Percorriamo il parco in lungo e in largo e cogliamo l’occasione di scattare numerose foto ai sorprendenti dettagli che ci circondano.
 

Ripartiamo alla volta del celebre vulcano Hverfjall, nero come la pece e alto ben 420mt. Saliamo lungo la costola del vulcano e dal punto più alto ci fermiamo ad ammirare il cratere che giace quieto. Circolare nella forma e con un diametro di circa 1km, esso è costellato di piccoli e grandi rocce. Il cielo grigio è in perfetto pendant con tutto il resto, la sabbia vulcanica e il paesaggio che si estende all’infinito verso l’orizzonte. Scesi a valle ci ritagliamo qualche minuto per consumare il nostro panino al sacco e, per quanto ormai sia anche solo spiacevole l’idea di mangiare l’ennesimo toast prosciutto e formaggio, dopo una scarpinata così la fame è incontenibile.

Myvatn Bath


Prima del meritato relax di oggi, ci perdiamo nel percorso circolare dello Dimmuerborgir, il famigerato giardino di Elfi e Troll. Il parco è un labirinto di formazione lavica a più percorsi, la vegetazione spazia da betulle nane a piante grasse e al suo interno si trova la chiesa Kirkjan. Secondo le leggende islandesi rappresenta il luogo in cui il mondo degli uomini e degli inferi convergono; inoltre è una delle location di alcuni episodi di Game of Thrones e Giovanni non vuole assolutamente perdersela. 

È l’ora del tramonto ed è anche l’ora del nostro primo bagno nell’acqua termale Islandese. Benché le più note siano le calde terme della Blue Lagoon, quelle di Myvatn sono altrettanto belle e forse più peculiari. Dopo una breve doccia obbligatoria, ci immergiamo nell’acqua bollente. Il venticello gelido e l’acqua calda sono gli elementi perfetti per ritemprare il corpo e se il sole tramonta all’orizzonte proprio davanti a noi, non potremmo davvero chiedere di meglio. Facciamo la spola tra l’acqua a 32° a quella che tocca i 40°, il passaggio è un vero e proprio shock termico ma se è vero che la pelle ringiovanisce con il freddo direi che vale la pena. Ci tratteniamo per un’oretta e mezza, fino a quando le dita delle nostre mani non assomigliano a uva passa.

Quando il sole inizia a spegnersi dietro le montagne nere in lontananza, noi raggiungiamo la guest-house di Vallakot: una tipica casa in aperta campagna costeggiata da verdi vallate. Sulle pareti sono conservate le foto di famiglia, l’arredamento è minimale ma tipicamente islandese. La signora che ci ospita è gentilissima e ci mostra la nostra ampia camera con una finestra che guarda al giardino. Ci sentiamo davvero degli Islandesi immersi nella natura incontaminata.

Il viaggio continua…


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