Metti che incontri un gorilla a Natale

Simone Bardi

UGANDA Immaginatevi la scena: è la mattina di Natale e siamo in mezzo alla Bwindi Impenetrable Forest, estremo sud dell’Uganda, al confine con Rwanda e Repubblica Democratica del Congo, per cercare di incontrare qualche gorilla nel suo habitat naturale. Neanche il tempo di arrivare e scopriamo perché la chiamano foresta impenetrabile: non esistono sentieri tracciati, solo fitta vegetazione.

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Siamo uno sparuto gruppo di viaggiatori che cammina a fatica, tra alberi, erba altissima, dirupi e tanti moscerini. Gli scivoloni non mancano e l’equilibrio è sempre precario. I ranger che ci accompagnano sono armati di vecchi fucili, ci dicono che servono soltanto a spaventare eventuali elefanti selvatici che potremmo incontrare durante il percorso, elefanti che a quanto pare non sono molto socievoli nei confronti degli esseri umani. Dicono che non sono autorizzati in alcun modo a sparare agli animali (se non in caso di pericolo di morte per un essere umano attaccato) e che in molti casi li spaventano di proposito solo con dei colpi in aria per farli scappare dai bracconieri, un vero flagello per l’Uganda.

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Nonostante le difficoltà nei movimenti, riusciamo a mantenere un silenzio assoluto. L’eccitazione è alle stelle e le aspettative sono alte. E dopo soltanto un’ora di cammino (siamo stati fortunati in questo, lo ammetto, di solito ce ne vogliono molte di più) ci ritroviamo in una piccola radura insieme ad un branco di otto gorilla.

Un enorme Silverback, tre maschi giovani, due femmine adulte e due cuccioli. Sono tutti abbastanza “lontani” da noi, ad almeno una ventina di metri. Alcuni arrampicati sugli alberi, altri stesi su letti di foglie e sterpi. Non sembrano preoccupati dalla nostra presenza. Ci guardano tranquilli, sicuri della loro superiorità in quell’ambiente dove sanno muoversi molto meglio di noi. Con gesti calmi e rallentati iniziamo a tirare fuori le macchine fotografiche per immortalare queste splendide creature.

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Vederli muovere nel loro habitat e non nella gabbia di uno zoo è qualcosa di meraviglioso. Grazia, dolcezza e possanza si alternano in movimenti lenti e maestosi. Sembra strano, ma questi giganti riescono a trasmettere un senso di pace unico ed assoluto.

Ci si isola scordandosi di tutto il resto, si rimane imbambolati da cotanta bellezza, è come ritrovarsi scaraventati dentro una realtà parallela, dove noi siamo soltanto degli umili osservatori di fronte alla vita che si manifesta in tutta la sua grandezza. Nulla è fuori posto, nulla può essere più vicino di questa scena alla definizione di armonia ed equilibrio. Siamo così piccoli eppure così immensi, fuori dal tempo, dentro una piccolissima fetta di mondo che ci sta regalando uno spettacolo indimenticabile. E ripenso a quell’antico detto secondo il quale la vera vita inizia proprio dove finisce la strada… Nulla di più vero in questo caso.

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Cristiana è accovacciata da una parte, sta in amorosa contemplazione di una delle due femmine beatamente seduta nei pressi di un albero e intenta a mangiare la sua dose di foglie quotidiana, mentre poco più in alto il capo branco osserva la scena controllando con occhio vigile. Ma è proprio qui che le cose prendono una piega inaspettata. Uno di noi perde l’equilibrio e sta per scivolare, tutto il gruppo distoglie lo sguardo dai gorilla per vedere cosa sta succedendo. Cristiana è ancora ipnotizzata dalla femmina oggetto della sua contemplazione.

Istintivamente allunga una mano nella sua direzione ed è allora che la gorilla, con una tranquillità disarmante, interrompe il suo pasto, si alza e viene verso di lei. Alcuni di noi si accorgono di questo cambio di scenario e si bloccano ad osservare senza fare un fiato. Il rischio è enorme, ma a questo punto il buon senso non serve a molto, è troppo tardi per ritirare la mano. E il bestione sembra sapere bene cosa vuol fare.

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Può sembrare assurdo ma è una scena al limite del poetico. La gorilla si muove con una delicatezza straordinaria e arriva a pochi centimetri da lei. La guarda, sporge il muso in avanti e con le labbra sfiora il dorso della sua mano. La annusa, la “sente”. Noi restiamo impietriti a goderci questo spettacolo unico. Con una grazia da principessa, la gorilla ci accompagna dentro al suo mondo in quella strana “poesia dell’esplorazione”.

La sua curiosità è la cosa più innocua e genuina che si possa vedere. È una dichiarazione di eleganza. È un’emozione che non credevi nemmeno che si potesse provare. È la conferma che la natura riuscirà sempre a trovare nuovi modi per stupirti. È il nostro interminabile momento di pura estasi, i trenta secondi più lunghi che abbiamo mai vissuto. E quando il ranger allontana la gorilla per paura che qualcosa possa innervosirla e farla reagire male, la guardiamo allontanarsi e lentamente usciamo dal nostro stato di apnea, ancora increduli per quello che è appena successo.

Restiamo ancora un po’ in silenzio ad osservare l’armonia di questo branco, poi ci incamminiamo sulla via del ritorno con un nuovo indelebile ricordo nell’anima.

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UGANDA in pictures | www.simonebardi.net 

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