PALERMO in quattro fotografie, luoghi, istanti. In comune, il punto di partenza, i Quattro Canti, il cuore del centro storico che unisce (almeno) quattro diverse anime della città, noto con vari nomi: Piazza Villena (o Vigliena), in omaggio a chi la fece realizzare, lo spagnolo Viceré Marchese di Villena che nel ‘600 decise di ridisegnare il territorio; Teatro del Sole, per il gioco di luci; Ottagono (o Ottangolo), per la forma geometrica. Forma delimitata da quattro palazzi (costruiti tra il 1608 e il 1620 su progetto di Giulio Lasso) con facciate concave, decorate da fontane, sovrani e sante.
Partendo da questa piazza ottagonale – incrocio dei due principali assi viari della città, via Maqueda e via Vittorio Emanuele – possiamo addentrarci verso i quattro antichi quartieri di Ballarò, Capo, Kalsa, Vucciria. In questo post, per ciascuno trovate una foto di Danilo Salvo (@il_salvo_), una breve introduzione e qualche curiosità. Più una raccomandazione: esplorateli tutti e quattro, perdetevi per le loro piazze, vie e viuzze. E non dimenticate mai di alzare lo sguardo.
Una curiosità: ad ogni cantone, ogni facciata di palazzo mostra una fontana dedicata a una stagione, la statua di un sovrano al secondo piano e quella di una santa patrona al terzo. A Sud (Ballarò), Venere che rappresenta la primavera, Carlo V e Santa Cristina. A Ovest (Capo), Cerere che rappresenta l’estate, Filippo II e Santa Ninfa. A Nord (Vucciria), Bacco che rappresenta l’autunno, Filippo IV e Santa Oliva. A Est (Kalsa), Eolo che rappresenta l’inverno, Filippo III e Sant’Agata. Ah! Qui ci sono due ottimi ristorantini che meritano di essere almeno segnalati: Bisso Bistrot e La Locanda del Gusto.
Ballarò
(ufficialmente: Albergheria o Mandamento Palazzo Reale)
“Si vucia, s’abbannia, Ballarò è magia!” Anche se i locali dicono che non s’abbannia più come una volta, qui la mercanzia si vende ancora urlando! Coloratissime bancarelle di frutta e verdura, carne e pesce, ma anche abiti e chincaglierie appesi ovunque. Il quartiere ospita nel suo dedalo di vicoli quello che probabilmente è il più grande e verace, ricco e variopinto, mercato palermitano. Ma non solo! Beh, per citarne uno tra i tanti tesori cittadini che troviamo qui, c’è il Palazzo dei Normanni (testimone dell’insediamento normanno e attuale sede del Consiglio Regionale della Sicilia) con la famosa Cappella Palatina (al primo piano) e il suo enorme mosaico dorato con un mastodontico Cristo pantocratore. Una meraviglia voluta da Ruggero II d’Altavilla nel 1132 e costruita da maestranze bizantine, musulmane e latine. Da quando nel 2015 la Palermo arabo-normanna, insieme alle cattedrali di Cefalù e Monreale, è stata dichiarata “Patrimonio Mondiale dell’Umanità” e quindi inserita nell’elenco dei siti protetti da UNESCO, anche Ballarò si è dato molto da fare: un comitato cittadino e diverse associazioni si sono fatti promotori di eventi culturali per la riqualificazione del proprio quartiere. Tra questi, anche ALAB (Associazione Liberi Artigiani-Artisti Balarm) e Cassaro Alto (Associazione che rappresenta “la Via dei Librai”). Notevole spinta a questo rinascimento contemporaneo, anche l’avvio della pedonalizzazione del centro storico, progetto urbanistico in espansione: all’inizio impopolare e protestato, è stato presto elogiato da tutti i cittadini, commercianti e passanti.
Una curiosità: qui può capitare di camminare per “vie monotematiche” ovvero caratterizzate dalla vendita di uno specifico prodotto, come nell’antica organizzazione mercantile. Ad esempio: via Divisi è la via delle Biciclette (o dei Biciclettai); via Calderai è la via delle pentole, cucine, stufe; via Sant’Agostino è la via dei tessuti. A ogni bisogno la sua strada! Un indirizzo invece per chi ha fame: Trattoria Il Bersagliere, dal 1904 cucina buona e semplice, nel cuore pulsante del mercato.
Capo
(ufficialmente: Seralcadio o Mandamento Monte di Pietà)
In estrema sintesi: la Cattedrale, il Palazzo di Giustizia e il Teatro Massimo; in mezzo a queste istituzioni sacre e laiche, altri “abbanniaturi”, quelli del mercato che ha come ingresso Porta Carini, fra le più antiche della città (eretta nel 1310, demolita e ricostruita nel 1782). Abituati a camminare tra i vicoli stretti della città vecchia, quasi schiacciati dai palazzi, coi loro balconcini, ecco a sorpresa un grande giardino, l’onnipresente statua di Santa Rosalia (patrona della città) e dietro questa l’eccentrico-complesso-gigante-asimmetrico edificio della Cattedrale di Palermo che non si fa mancare proprio nulla: cupole, torri, pennacchi, archi, volte, palme, aranci. Iniziata nel 1184 sul sito di una moschea (a sua volta costruita sul sito di una chiesa) per conto del consigliere di Guglielmo II, l’arcivescovo inglese Walter of the Mill (Gualtiero Offamilio), desideroso di competere con Monreale, fu poi ritoccata molte volte fino all’800. Di maestosa architettura, qui al Capo ne troviamo davvero tanta e diversa. Degli anni ’30, ad esempio, spicca il Palazzo di Giustizia in stile fascista. – Parentesi fuori tema ma dovuta: a due passi c’è Nino ‘u ballerino per un pani ca’ meusa (panino con la milza), panelle (frittelle di farina di ceci) e crocchè o cazzilli (crocchette di patate). – Cosa dire invece del Teatro Massimo? Terzo in Europa per superficie, dopo quelli di Parigi e Vienna, è stato inaugurato nel 1897 su progetto di Giovan Battista Filippo Basile (che ha firmato pure i due eleganti chioschi di tabacchi, di fronte al teatro): in questo luogo d’arte, la Palermo barocca ha incontrato quella liberty.
Una curiosità, per chi ama la moda e la musica: dietro la Cattedrale, al civico 3 di Via Beati Paoli, una vetrina verde recita “Eleganza”. Dentro ci sono mandolini, chitarre, fisarmoniche e – sorprendentemente – anche macchine da cucire. Se siete fortunati, potete ritrovarvi qui davanti a ballare per strada! Per scoprire la mitica storia di “Andrea Vajuso, il sarto che colleziona mandolini e suona con gli amici nel suo atelier“, leggi l’articolo di Michele Ci.
Alcune curiosità, per chi ama l’arte contemporanea (e non solo): oltre al Museo RISO, qui in zona c’è una bella realtà indipendente da conoscere! Al 31 di via Sant’Agostino si nasconde Dimora OZ, un laboratorio di arti visive, performative e multimediali, uno spazio transdisciplinare animato da numerosi artisti residenti a Palermo e aperto alle collaborazioni. Inoltre, pur se resta un pochino più lontano (al 23 di via Re Federico), ci teniamo a segnalare anche Cowork Re Federico, uno spazio di lavoro condiviso, un progetto di comunità creativa e un laboratorio di pratiche di economia partecipativa, ideato da CLAC – Centro Laboratorio Arti Contemporanee: una favolosa impresa culturale impegnata dal 2003 a Palermo in progettazione e produzione culturale, sperimentazione di pratiche d’innovazione sociale, sostegno a start up culturali e sociali, e partecipe in diverse realtà di cittadinanza attiva.
Alcune curiosità, per chi ama i dolci: in zona ci sono almeno due ottimi bar per far colazione e dolci spese. 1) La pasticceria Cappello, fondata nel 1940 e nota soprattutto per le sue delizie al cioccolato come la famosa torta Setteveli, ha due bar, quello storico al 68 di via Colonna Rotta e quello nuovo, vicinissimo, appena fuori Porta Nuova (per colazione: cornetto ripieno alla crema di pistacchio). 2) Il bar Santoro in Piazza dell’Indipendenza, alle spalle del Palazzo dei Normanni, ha anche un menù salato tra cui si fanno notare le arancine (per colazione: Iris fritta, brioche ripiena alla crema di ricotta e cioccolato. Sì, esiste anche la versione “leggera” cotta al forno ma perché godere solo fino a metà?!). Inutile ricordarvi di assaggiare anche cannoli e cassate.
Kalsa
(ufficialmente: Kalsa o Mandamento Tribunali)
Il percorso inizia dalla cinquecentesca Piazza Pretoria con l’omonima grande Fontana, detta anche “della Vergogna”: realizzata dallo scultore fiorentino Francesco Camilliani per una villa toscana, venne acquistata dalla Città di Palermo nel 1573 per superare in bellezza la Fontana di Orione a Messina. Un trionfo di ninfe, tritoni e divinità con attributi in bella mostra che scandalizzò le monache di San Giuseppe dei Teatini, la cui chiesa è proprio di fronte. Scandali a parte, la Kalsa significa “l’eletta”: Khalisa, così la chiamavano gli arabi quando qui risiedeva l’emiro con il suo governo e le truppe. Dopo secoli, la Kalsa è di nuovo la prescelta: è il quartiere che più di tutti sta cambiando, si è fatto culturale e creativo; è il quartiere preferito di molti giovani tornati a Palermo per fare teatro e design, aprire botteghe e laboratori sperimentali di artigianato (come Edizioni Precarie o INSULA, questa parte della rete ALAB), circondati da chiese (come la particolare Chiesa di San Cataldo, quella sopraelevata e con le tre cupole rosse), musei (come GAM, la Galleria d’Arte Moderna) e localini (come POT – cucina e bottega). Non a caso è anche il quartier generale di Manifesta 2018, la biennale europea di arte contemporanea itinerante che per la dodicesima edizione si tiene in Italia, a Palermo: sede centrale, il Teatro Garibaldi (restaurato e riaperto per l’occasione) in Piazza Magione. Piazza con un fascino tutto suo: al centro, un palazzo decadente segnato dall’abbandono e dalla street art, circondato da rovine, alberi e prati. E, a proposito di verde, con un po’ di magia, da qui è possibile raggiungere a piedi un pezzo d’Africa: l’Orto Botanico, luogo di esotismo ed esoterismo fondato nel 1789 e progettato per lo più dall’architetto francese Léon Dufourny; accanto, Villa Giulia, il più antico giardino di Palermo, disegnato da Nicolò Palma e realizzato tra il 1777 e il 1778 in omaggio a Giulia d’Avalos (moglie del Viceré Marcantonio Colonna Principe di Stigliano). All’Orto ma anche a Piazza Marina, stupiscono due speciali ficus magnolioides – giganti creature tipiche delle foreste pluviali dai cui rami del tronco originario cadono nel terreno radici che diventano nuovi tronchi permettendo così all’albero di espandersi in orizzontale; le foglie sono simili a quelle della magnolia, motivo del nome. Quello dell’Orto Botanico, importato dalle Isole Norfolk nel 1845, è il più grande d’Europa e quello di fronte a Palazzo Chiaramonte Steri, in Piazza Marina, pare essere invece il più antico del continente. Per molti questa piazza, che risale al 1863, su progetto del celebre Giovan Battista Filippo Basile, è la più bella della città (benché durante l’Inquisizione vi venissero giustiziati i condannati). Il giardino che occupa quasi tutto lo slargo fu intitolato a Garibaldi, reduce dal successo della spedizione dei Mille. Ultimi appunti: arrivati fin qui, non si può non visitare il Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino che, insieme ad altre famiglie appassionate, mantiene viva l’opera dei pupi – tradizione palermitana dichiarata da UNESCO “Patrimonio Immateriale dell’Umanità”. E, finita la visita, passeggiata finalmente verso e lungo La Cala (il porto più antico della città) per naufragar lo sguardo in mare!
Una curiosità: le maioliche, a Palermo, le vedrete ovunque; per strada, a decorare le facciate dei palazzi; dentro i palazzi, a disegnare meraviglie di pavimenti; al mercato delle pulci di Piazza Papireto, al Capo, a creare cumuli di polvere (attenzione alle riproduzioni: prima di acquistarne di “antiche”, informatevi bene oppure fatevi consigliare da un esperto); nelle vetrine di botteghe artigianali (come CRITA); nelle vetrine di botteghe d’arte (come Lo Studiolo, dove si possono trovare anche le stesse che si vedono sui muri della città, realizzate dallo street artist palermitano che si firma con B1). Insomma, tutto questo per dirvi che potrebbero diventare un’ossessione e potreste iniziare a desiderare fortemente di riempirci le pareti di casa. Proprio come ha fatto un collezionista palermitano che sinora ne ha raccolte circa 5.000, restaurate ed esposte sui muri del proprio appartamento al piano nobile di Palazzo Torre Pirajno (dove, ovviamente, anche i pavimenti sono in maiolica), fino a creare la Casa – Museo delle maioliche “Stanze al Genio“. Questa preziosa ed unica collezione di antiche (XV-XIX secolo) mattonelle (non solo) italiane è visitabile tutto l’anno su prenotazione. Fortemente consigliato!
Vucciria
(ufficialmente: La Loggia o Mandamento Castellammare)
Mille anni fa, queste viuzze alle spalle del porto erano battute da mercanti genovesi, pisani, veneziani – come ricordano i nomi delle vie: via dei Chiavettieri, via dei Materassai, etc. Il mercato, con epicentro a Piazza Caracciolo, non è più quello ritratto nel 1974 da Renato Guttuso – dipinto realizzato in ricordo di quando, da ragazzino di Bagheria, arrivava qui affamato (dipinto intitolato appunto La Vucciria ma esposto a Palazzo Steri, Piazza Marina, Kalsa); qualcosa di quel mercato c’è ancora ma davvero poco, si dice. Il quartiere è rimasto però fedele ad una sua antica passione. Vi ricordate quale divinità è rappresentata sulla fontana dei Quattro Canti, in direzione Vucciria? Bacco. Oggi, al calar del sole, la Vucciria diventa luogo d’incontro e caciara, cibo di strada e birrette, simbolo della vita notturna palermitana. Più unico che raro, infatti, è trovar pace e silenzio tra le sue vie come in questa foto di “una Vucciria senza Vucciria”, praticamente. Tra i luoghi rimasti più autentici, dove tutti si conoscono (o per lo meno tutti conversano con tutti, versando continuamente birra o vino nei bicchieri semivuoti degli amici), la Taverna Azzurra, amata da artisti locali e anime anarchiche, che ogni sera, di ogni stagione, porta vita in tutta Piazza Garraffello, al cui centro sta l’omonima Fontana del 1591. Le opere dell’austriaco Uwe Jaentsch e di altri artisti cercano di portare qui una nuova attenzione da parte del pubblico, di stimolare abitanti, media e istituzioni, per avviare insieme un necessario processo di riqualificazione urbana: ancora troppi palazzi fatiscenti, abbandonati alla totale incuria. Ma anche questo quartiere è comunque custode di gioielli architettonici e, se la politica locale a volte è assente, a volte ci sono fondi alternativi e cittadini appassionati che portano avanti progetti importanti – come I Tesori della Loggia (da non confondere con Le Vie dei Tesori, altra bellissima realtà nata dal basso) – per promuovere cultura e territorio. Invece, tra i musei in zona, ne segnaliamo due: Palazzo Branciforte – un bellissimo edificio cinquecentesco, restaurato da Gae Aulenti e riaperto nel 2012 con spazi e mostre straordinari; e Palazzo delle Poste – un enorme parallelepipedo bianco in classico stile fascista, un edificio razionalista progettato negli anni ’20 da Angiolo Mazzoni; un piccolo museo futurista perché accoglie gli affreschi di Benedetta Cappa, artista e moglie di Filippo Tommaso Marinetti.
Una curiosità: Mimmo Cuticchio è il puparo per eccellenza, un signore con una bella barba bianca e una forte passione per il racconto, celebre per aver rinnovato la tradizione dei pupi contaminandola con altre arti… Al civico 95 di via Bara all’Olivella, di fronte al Teatro Massimo, la Compagnia dei Figli d’Arte Cuticchio vi aspetta al Teatro dei pupi! Tutto l’anno, ad eccezione di luglio/agosto, quando la rassegna si sposta all’Orto Botanico con La Macchina dei Sogni che riempie i sentieri del giardino di storie, fate e burattini.
Alcune curiosità, per chi ama l’arte contemporanea (e non solo): qui in zona c’è un’altra bella realtà indipendente da conoscere! Al 33 di via Giacalone c’è Minimum, spazio di co-working ed espositivo, curato da un collettivo di giovani professionisti nel mondo della fotografia, editoria e ricerca sociale. E per tutti gli appassionati di arte urbana, tema che spesso rende la Vucciria protagonista in città, qui una mappa – a cura di Street Art Factory – in continuo aggiornamento: potete consultarla online, scaricare la versione digitale oppure ritirare una copia cartacea presso Lo Studiolo in Via Vittorio Emanuele, 273.
Prima di salutare Palermo, un ultimo salto a Kalsa!
Allora, vi siete già innamorati di Palermo? E pensare che questa è solo una breve introduzione al suo centro storico! La città si estende molto ben oltre… e noi, pian piano, proveremo a raccontarvela un po’ tutta. Beh, intanto sappiate che potete portarvene un pezzettino a casa: visitando la minuscola bottega del Maestro Vincenzo Vizzari, verrete di sicuro via con almeno qualche palazzo a due o tre piani, decorato dalle tipiche porte-finestre con terrazzino, una bella palma e un arancio! Tutto nell’unico colore ocra dell’argilla al forno – ad eccezione delle foglie verdi degli alberi e dei frutti arancioni. Vincenzo Vizzari è un architetto palermitano che da anni dedica la sua carriera artistica alla riproduzione fedele in scala di palazzi e monumenti. Le sue Cittàcotte sono miniature di celebri architetture di Palermo ed altre città della Sicilia. Ogni pezzo è unico perché lavorato e finito a mano, un souvenir d’autore. Altro buon motivo per visitare il suo micro laboratorio sono le straordinarie storie sulla città che, senza dubbio, avrà il piacere di raccontarvi mentre le sue mani continueranno ad occuparsi dei dettagli delle sue creazioni. Voi, senza dubbio, vi incuriosirete sempre di più ad ogni aneddoto e intanto inizierete a pensare di non voler salutare Palermo: “Ma quanto c’è ancora da scoprire, vedere, fare, conoscere, vivere, in questa città!? Non è possibile, una settimana non basta, dobbiamo tornarci!” – Via Vittorio Emanuele, 120: fermatevi e non abbiate fretta.
Cerchi un alloggio a Palermo? Ecco quattro luoghi creativi e originali nei pressi dei diversi quartieri, quattro alloggi che sono anche qualcos’altro:
- MAD | Bed & Breakfast + laboratorio artigianale a due passi da Ballarò
- Bed & Book | B&B + spazio culturale a due passi da Capo
- N38E13 | Boutique B&B + galleria d’arte a due passi dalla Stazione e vicino Kalsa
- A casa di Amici | Boutique Hostel + laboratorio musicale a due passi dal Teatro Politeama e vicino Vucciria
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