I falsi passeggeri

Natale 2010

MILANO, Stazione Commerciale. Pardon, Centrale. È Natale, si torna a casa. Aspetta, Trenitalia si scusa del ritardo. Pazienza: caffè, edicola, un’occhiata alle vetrine. Da Armani a Zara, passando per la Feltrinelli più grande d’Italia. Quattro piani di libri e il tempo vola. Quanti trolley a spasso. Perché è meglio girovagare con 30 kg di valigie che star fermi al gelo. A meno che non si sia titolari di Carta Freccia Oro: con questa tessera (che si ottiene con 100.000 punti – 2.000 euro di biglietti – in un anno) si accede al Freccia Club, l’unica sala d’attesa presente. Una parete opaco-trasparente separa le rosse poltroncine del privè dal resto del piano binari: qui la gente attende in piedi o al massimo seduta sulle panchine (dove i piccioni lasciano spesso un ricordino). La sala è praticamente vuota. Dentro ci sono tre persone. Fuori, una marea. Qualcuno si chiede dove possa rifugiarsi, il suo treno tarderà due ore. La neve ne ha persino cancellati alcuni.

Il Signor A. suggerisce la Sala della Feltrinelli. All’ultimo piano del megastore c’è un tavolo con delle sedie, dove sfogliare i libri. «Da quando tengono chiusa la Cappella, vado lì.» Quest’uomo milanese, 41 anni, è formalmente un “adulto in difficoltà”. In sostanza, un senzatetto. O clochard, per i più chic. Conosce la stazione come le sue tasche. «Piuttosto vuote», sorride. «Anche se in realtà, da appena tre giorni, sono un finto povero.» Mostra il portafoglio: 45 euro e quattro carte di credito. «Due anni alla ricerca vana di un lavoro e inutili colloqui. Preferiscono i ventenni. Finora ho trovato solo impieghi occasionali. Ad esempio, giorni fa alla Fiera ho montato uno stand per 100 euro. Adesso non ho un lavoro pulito, ma almeno uno stipendio fisso. Un’ora al giorno, 50 euro. Finalmente posso permettermi una cioccolata calda.» Da circa tre settimane, A. dorme in uno dei sei dormitori della città, previsti dal Piano freddo del Comune. Prima, dormiva sul treno. «Qui non si può stare, ci sono i controlli, fanno scendere. Allora prendevo l’ultimo per Voghera, lì nessuno mi diceva niente e al mattino tornavo a Milano.» Due anni fa, con il divorzio, A. ha perso moglie, auto e casa. Ha alloggiato per un po’ sulla panchina più vicina alla tipografia presso cui lavorava. Finché la polizia: «Se domani sei ancora qui, ti portiamo via». Così è arrivato in Stazione Centrale. «All’inizio facevo come gli altri. Raccoglievo circa 30 euro al giorno lavorando alle macchinette automatiche. Aiutavo la gente a fare il biglietto in cambio di qualche moneta. Ma c’è chi guadagna molto di più. E non tutti chiedono soldi per mangiare. Alcuni spendono le offerte in cocaina. Poi ho saputo dei centri OSF (Opera San Francesco per i Poveri): lì ci sono mensa, docce e guardaroba. È dove ancora pranzo e ceno. Così ho smesso di stare alle macchinette o rubare al supermercato. Poi, fatte le analisi mediche per verificare l’idoneità alla convivenza in comunità, sono entrato in lista d’attesa. Adesso ho un letto, almeno fino a marzo (termine del Piano). Il Comune mi dà il materasso, i Francescani la pasta. Ma ciò che davvero mi serviva era un lavoro.»

Secondo A., circa 40 persone abitano in stazione. Anche se dalle 1.00 alle 4.00 di notte è chiusa: solo chi ha un biglietto del treno può restare. Polizia, Carabinieri e Italpol gestiscono la situazione tra regole e solidarietà. E non è facile perché non tutti sono discreti come il signor A.. Lui sembra un pendolare qualunque. Molti invece si rassegnano e bevono. Bevono e si fanno compagnia. Oppure fissano il nulla. E noi li vediamo. Li riconosciamo. Sappiamo bene chi sono i falsi passeggeri.

MilanoStazioneCentrale-UgoMulas

MILANO Stazione Centrale, 1953/54 – foto di Ugo Mulas.

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Buon Natale A., a te e a tutti i falsi passeggeri del mondo.

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