Noblesse oblige

di Giulia Dedionigi

Sono sulla Rer, il treno che purtroppo dal cuore di Parigi mi riaccompagna in Italia, dopo una gita fuoriporta. È tempo di tornare, tempo di abbandonare la città più elegante del pianeta. Il bianco del Sacro Cuore illuminato nella notte, i pittori di Montmartre, il profilo della Tour Eiffel riflesso sulla Senna, i profumi del quartiere latino, le sale da tè nel Marais. Proprio quando la nostalgia mi assale, di fronte a me si siede Jacques. Trentacinque anni, parigino, professore universitario. Chiacchieriamo. A un certo punto apre la sua ventiquattrore e, tra libri e quaderni, estrae un rasoio elettrico. Lo prende e inizia a farsi la barba davanti a me. Così, con naturalezza, si rade nel bel mezzo di un vagone. Mi nascondo dietro la copia di Le Monde che mi sono comprata per vezzo. Rido, imbarazzata. Due fermate dopo, fuori dal finestrino, agita il suo rasoio, lo pulisce e si prepara per scendere. Tende la mano per salutarmi. Come si dice? Ah, sì, noblesse oblige.

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