Marzo – Renzo Grazzini

Borgo Museo | Affreschi 1975


La vita

Renzo Grazzini nasce a Firenze nel quartiere di Santa Croce nel 1912 da un padre calzolaio e una madre casalinga. Compie i suoi studi all’Istituto d’Arte di Porta Romana e da lì inizia il suo lungo cammino nella pittura; sentendosi molto legato a questo tipo di arte si diploma nel 1934. A causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, il conflitto lo porta a servire il suo paese e viene spedito prima in Libia, poi in Abissinia e infine in Albania dove passa gran parte della sua vita, fino ai trent’anni circa. La guerra è per lui fonte di tormento e disperazione tanto che scrive nel suo diario: “ forse domani sarà tutto un lento morire dentro ciò che oggi stiamo perdendo”. Tornato dalla guerra, Grazzini; dal 1946 al 1972 insegna all’Istituto d’Arte di Porta Romana, la sua vecchia scuola, prima come maestro d’arte, poi come titolare della cattedra di pittura. Il 28 Gennaio 1990 Renzo Grazzini muore.

La poetica

Inizialmente i temi delle sue opere sono quelli tradizionali della pittura toscana: paesaggi, figure, nature morte; ma nei suoi quadri non c’è traccia di derivazione macchiaiola. L’impegno assunto nella guerra partigiana, le rovine e la morte tra le sue braccia dell’amico fraterno Bruno Becchi lasciano tracce profonde nel suo animo tanto che intorno agli anni cinquanta raffigura in una serie di disegni quelle drammatiche vicende, utilizzando principalmente colori come il bianco e il nero. Il suo neorealismo non appartiene ad alcuna corrente, ma è il frutto dell’insistita ricerca di un linguaggio di tipo formale in cui si confermano la grande invettiva e l’attitudine allo scavo psicologico che ne rivela la sensibilità e anche la delicatezza disegnativa, l’amorosa disposizione della pagina pur nel dilaniamento dell’immagine che in molte occasioni risente dell’espressionismo tedesco. Sono molto evidenti nella sua pittura i segni delle amicizie con Vasco Pratolini, Elio Vettorini e Ottone Rosai, con i quali condivide la cultura fiorentina di quel periodo.

L’opera a Castagno

Al pittore fiorentino viene affidato da Paloscia l’esecuzione dell’affresco Marzo per il borgo museo di Castagno. Egli decide di raffigurare una donna che tiene in mano un fiore blu con aria sconsolata; in secondo piano c’è un busto marmoreo maschile di memoria classica. Stilisticamente parlando, l’opera presenta la cifra dell’autore: i tratti sono di derivazione espressionista, sono semplificati, e i colori tendono tutti ad uno scarno bianco grigiastro ceruleo. La statua, circondata da vegetazione rigogliosa, potrebbe rappresentare un passato felice e prospero, che la ragazza rimpiange in un presente grigio, in cui l’unica cosa che si possiede è la speranza, metaforicamente il fiore blu.