EMILIA-ROMAGNA. Giulia De Martino è una giovane pilota del campionato GT italiano che corre per la piccola scuderia di famiglia. Suo padre, per finanziare la stagione, ha ipotecato la casa e Giulia si trova così costretta a vincere per non vedersela portare via. A metà stagione il padre di Giulia muore e, in aiuto della giovane ragazza, torna il fratello Loris, ex-pilota ritiratosi da anni dalle corse e rifugiatosi nella droga per combattere i propri demoni. Giulia non è “propriamente” entusiasmata dalla prospettiva di mettersi nelle mani del fratello ma Loris, a conti fatti, rappresenta la sua ultima speranza.
UN PICCOLO DIAMANTE GREZZO. La scorsa stagione cinematografica è stata prolifica di film di qualità a livello nazionale e ciò non accadeva da anni. È uscito Non essere cattivo di Caligari, fra i film migliori dell’anno, Lo chiamavano Jeeg Robot di Mainetti ha fatto giustamente man bassa di David di Donatello e Perfetti sconosciuti di Genovese ha descritto la società odierna in maniera intelligente, come nessun altro film è riuscito a fare.
In questo panorama di alto profilo non era facile ritagliarsi spazio ma Matteo Rovere centra l’obiettivo con Veloce come il vento, diamante grezzo dal fascino dell’imperfezione. L’opera in questione non è infatti esente da difetti sia riguardanti la sceneggiatura che la recitazione.
Per quanto riguarda il primo punto, ci sono scene del film che strizzano un po’ troppo l’occhio allo spettatore mentre, parlando del secondo punto, non si può non notare la difficoltà di Stefano Accorsi nel calarsi in maniera naturale nei panni di Loris. Eppure, guardando al risultato finale, i difetti sopracitati rendono il film ancora più affascinante di come si potrebbe immaginarlo senza e, la recitazione troppo appassionata di Accorsi, rappresenta la somma di questo discorso.
A conti fatti Veloce come il vento può essere paragonato a quella ragazza che ha quel neo sul volto o quel naso troppo pronunciato che la rendono più attraente di una ragazza oggettivamente più bella.
Se hai tutto sotto controllo, significa che non stai andando abbastanza veloce. Il film di Rovere si apre con questa frase di Mario Andretti, ex pilota in forza anche alla scuderia del cavallino rampante, all’interno della quale è concentrato il succo dell’opera.
Il messaggio che infatti il buon Loris urla più volte alla sorella e, di rimando, allo spettatore è la necessità di confrontarsi con il rischio e abbandonare una parte di calcolo se si vuole fare la differenza.
Giulia (interpretata da Matilda De Angelis) è una bravissima pilota, conosce alla perfezione la tecnica automobilistica, ma non osa, fa le curve tonde come tutti e Loris la spinge più in là, oltre la necessità di avere tutto sotto controllo. Non a caso il soprannome di Loris è ballerino perché, quando correva, danzava nei tornanti, affrontandoli in maniera molto meno calcolata ma più efficace.
VIAGGIARE SENZA MOTORE. Per concludere, Veloce come il vento è un film sui motori che, paradossalmente, insegna a viaggiare senza motore. Se siete persone che amano affrontare la vita in maniera sincera, senza calcolare troppo come affrontare tutti gli ostacoli ma lasciandosi andare almeno un pochino all’imprevisto, allora questo è il film per voi. Se invece nel rischio non ci sentite alcun sapore, lasciate perdere.