ROMA Il film premio Oscar di Sorrentino si apre con lo svenimento di un turista giapponese alla vista della città eterna, dalla terrazza del Gianicolo. La scena successiva è totalmente contrapposta all’immagine di bellezza della capitale e vede una serie di saltimbanchi, trenini “chenonvannodanessunaparte” e Serene Grandi in disfacimento psico-fisico che popolano la terrazza di un bellissimo appartamento vista Colosseo, presi da danze sfrenate.
Fra tutti questi personaggi c’è anche Jep Gambardella (il sempre perfetto Toni Servillo) che da ormai una vita è il più mondano dei mondani, dopo un inizio sfolgorante di carriera come scrittore. In seguito alla vittoria del premio Bancarella con “L’apparato umano”, avvenuta decenni prima, Jep non ha mai più ripreso la penna in mano, preferendo lavoricchiare come giornalista e presenziare a più feste possibili.
Le giornate del protagonista iniziano senza le mattine e si concludono con passeggiate all’alba in una Roma splendida dopo i gozzovigli all’ennesimo brindisi.
Il tema del film sta proprio in questa contrapposizione fra bellezza che seppero costruire gli antichi e decadimento dell’odierna Roma, un conflitto presente nel protagonista che preferisce l’indolenza al suo innato talento, presumibilmente dopo essere stato lasciato dall’amore della sua vita mentre si affacciava all’età adulta.
Jep non ha mai ritrovato quella “Grande Bellezza” in niente e perciò non è riuscito a fare più niente. Proprio il nulla è ciò che avvolge la sua vita fatta di feste, amori fugaci e mattine perdute.
Concludo esprimendo il mio pensiero sul genio italiano e quello del regista Paolo Sorrentino. Il film in questione non è la sua opera più riuscita: dal suo esordio con “L’uomo in più” (il mio preferito) fino a “L’amico di famiglia” e passando per “Il Divo” e “Le conseguenze dell’amore” (tutti da vedere) aveva creato dei veri e propri meccanismi perfetti, ma questa è sicuramente la sua opera più coraggiosa perché basata sul niente e, alla fine, pur con qualche passaggio vuoto, lo descrive in pieno. Inoltre, ritrae in maniera perfetta un aspetto dell’Italia: ossia, quello del troppo talento sprecato, quasi come un pregio oltreoceano. Insomma, Sorrentino al posto giusto nel momento giusto con in mano un Oscar meritatissimo!