Da Livorno a Parigi, seguendo le tracce del bello e maledetto Modì (Amedeo Modigliani)

“Gravava una sorta di maledizione su questo nobilissimo giovane. Era bello.
L’alcol e la sfortuna gli hanno imposto un tributo altissimo.” – Jean Cocteau

LIVORNO-PARIS Il 24 gennaio 1920, muore Amedeo Clemente Modigliani. Il 24 gennaio 2015 (95 anni dopo), mi ritrovo con Puccini nelle orecchie, seduto in una fredda stanza a Rennes (Bretagna, Francia) a poco più di 300 km dalla Parigi che l’aveva adottato, a migliaia di km dalla sua Livorno, a poco più di tre mesi dall’inizio della storia che m’accingo a raccontare.

É la storia di come in meno di 36 ore (nel novembre 2014) gli eventi mi hanno portato a ripercorrere l’intera vita del più maledetto tra i nostri artisti. É un viaggio che attraversa tre luoghi (la Toscana, Montmartre e il cimitero di Père-Lachaise) e coinvolge tre personaggi (la comunità parigina di inizio Novecento, Modigliani e la sua amata Jeanne Hébuterne).

Il 12 luglio 1884, Livorno vede nascere il nostro protagonista: in via Roma, al numero 38, è possibile visitare la sua casa natale. Mi trovo poco lontano da qui, a Pisa. Il Palazzo Blu, massimo museo cittadino, ospita la mostra Amedeo Modigliani et ses amis (fino al 15 febbraio 2015), una vasta raccolta di opere del pittore e del contorno bohémien parigino.


“Bisogna conoscere l’anima delle persone per ammirarne il volto.” – Amedeo Modigliani

Da mesi ero a conoscenza della mostra; di passaggio dalla terra toscana, non potevo perdermela. Decido di visitarla di sera: nelle ricche sale non c’è quasi nessuno, a parte la troupe di “Che tempo che fa” che si prepara alle riprese in diretta. Lo splendore del palazzo, le luci soffuse e gli occhi profondi delle donne di Modì mi guidano in un mondo quasi surreale, convincendomi di una cosa: il volo per Parigi, già prenotato per il giorno dopo, deve portarmi a seguire le orme di Modì.

Arrivo nella Città delle Luci la mattina seguente e la felicità di rivedere Karina mi fa dimenticare il buon proposito. Ma il destino quando vuole non si lascia beffare facilmente ed è così che senza nemmeno pensarci mi ritrovo a Montmartre. La maledizione di Modì (appunto maudit, maledetto) mi ha ormai fatto suo, trascinandomi in una ricerca frenetica del Bateau Lavoir. Eccomi qui davanti – al numero 11bis di Place Émile-Goudeau, all’epoca alloggio spartano per molti artisti diventati poi noti in tutto il mondo – e mi commuovo al vedere come passi inosservato, facendo da sfondo al passaggio dei turisti inconsapevoli. Resta poco più di una vetrina, poche foto e un testo che racconta quella stagione meravigliosa in cui Parigi era la città delle Belle Arti (les Beaux-Arts, come le aveva chiamate il filosofo Charles Batteux) e in un Café potevi incontrare Picasso, Utrillo, Soutine, Chagall, Stravinskij, Severini, Apollinaire, Cocteau, etc…


Ora per me è tutto chiaro: devo concludere quanto cominciato e andare a trovare Dedo (altro suo soprannome) a Père-Lachaise. Non mi importa perdere i 25€ pagati per il Blablacar che mi avrebbe riportato a Rennes. Io, italiano, studente a Pisa, emigrato in Francia, ho ancora addosso l’aria della Toscana, l’aria dei venti tirrenici, e voglio portarla al caro amico.

Arrivato al monumentale cimitero, passo davanti a Oscar Wilde e penso alla somiglianza tra le due figure e al contempo alla loro così distinta sorte, ante e post mortem. La tomba dello scrittore irlandese è un altare all’amore, al libertinaggio, alla passione giovanile, in un vortice di baci e un tripudio di fiori. Mi viene in mente un’immagine, quella dei fiori al funerale di Modì che le cronache raccontano esser stato una processione commossa degli amici, esponenti delle cinque arti, tutti insieme a rendere omaggio a quella persona, a quell’italiano così bello e così amato, arrivato in un feretro sommerso di fiori secondo l’ordine telegrafato dal fratello, dall’Italia.

Modì, tutti lo amavano. Orgoglioso e teatrale, “le cygne de Livourne” lo chiamavano, sempre vestito di velluto nero con un foulard rosso al collo; era il più bello di tutti gli artisti, di una bellezza conturbante, “all’italiana” dicono. Il pittore francese Maurice de Vlaminck parla di un “profilo puro, romano, l’aria di autorevolezza, (…) belle mani, mani aristocratiche con dita sensibili”, mentre l’amico e mecenate Paul Alexandre dice di lui che “era un aristocratico nato. Ne aveva lo stile e i gusti. Era uno dei paradossi della sua vita: lui che amava la ricchezza, il lusso, i bei vestiti, la generosità, viveva in povertà, se non in miseria. Il fatto è che aveva una passione esclusivamente per la sua arte”. Pochi uomini hanno incarnato come lui il mito romantico dell’artista geniale e incompreso, dannato e trasgressivo; Modì è stato un artista della vita dissoluta, breve ma intensa, drammatica e memorabile; esteta, dandy, cultore della bellezza, la cui massima espressione si trova negli occhi e nelle forme delle sue muse.


Di donne, Dedo ne ebbe tante e ne dipinse tantissime. Dicevano che farsi dipingere da Modigliani «era come farsi spogliare l’anima» in quello studio tappezzato di fogli, cenere e cerini, dove lui – bottiglia di rum e qualche droga alla mano – riusciva ad entrare nell’intimità dei suoi soggetti per donarli l’immortalità. Ma lui immortale non lo era e l’alcol, le droghe e la tisi se lo portarono via in un freddo giorno di gennaio. Arriviamo così all’ultimo luogo e all’ultimo personaggio della nostra storia.

É quasi sera ormai, quando arrivo alla tomba di Amedeo. Niente a che vedere con quella di Oscar Wilde: qui non rimangono che fiori sgualciti, qualche biglietto della metro e altri oggetti lasciati dai visitatori. La lapide di pietra, scolpita in italiano, porta i nomi di Modì e di Jeanne Hébuterne – la “compagna devota fino all’estremo sacrifizio” che stava per essere madre una seconda volta ma che, dimenticando il bambino in grembo al non mese, 36 ore dopo la morte dell’amato pittore, si lanciò nel vuoto dall’appartamento al quinto piano dei genitori. Solo dieci anni dopo, nel 1930, la sua famiglia, che l’aveva fatta seppellire furtivamente per evitare ulteriori scandali, concesse che le sue spoglie venissero messe a riposare accanto a quelle del suo amore. La figlia Jeanne Modigliani, nata a Nizza nel 1918, crebbe con la nonna paterna a Livorno e si laureò a Pisa in storia dell’arte…

Estraggo dalla tasca 50 lire con scritto “Repubblica Italiana” che appoggio sulla tomba. Ho portato anch’io il mio omaggio.

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