Graffiti Art in Cina: intervista ad Alex Chou

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SHÀNGHǍI Fredda mattinata invernale. La temperatura a Shanghai sa essere davvero poco mite. Neanche l’ombra di un tiepido sole a riscaldarci in lontananza. Ultimamente le condizioni atmosferiche non sono delle migliori. L’inquinamento sta toccando livelli pericolosi. Qua però, come per molte altre faccende, tutti sembrano chiudere occhi (ma soprattutto bocca) e andare avanti. Basta una mascherina da 30RMB (poco più di 3€) e carnevale è già un po’ più vicino. Era ormai qualche settimana che stavo cercando informazioni sugli street artist più influenti della città. Ho avuto l’occasione di intervistare fotografi e pittori. Ma dentro di me l’artista di strada per eccellenza rimane il graffiti artist. Per comodità e per non ripetere sempre gli stessi vocaboli userò anche la parola “graffitaro”, ma vi prego non accanitevi contro di me. È orribile lo so: un misto tra un accento di chiara origine ciociara e uno strano utensile ormai in disuso da anni.

Graffiti walls, M50 Art district, 50 Moganshan Rd, Shanghai, China

Qua in Cina rispondere alle mail è quasi scontato. Non casuale, sporadico, o alle volte addirittura raro quanto un esemplare in estinzione, come succede dalle n(v)ostre parti. E così è successo. È stato tutto molto semplice. Google: shanghai + graffiti + artist + contact. In 2 millesimi di secondo avevo a mia disposizione almeno 400 pagine web utili al mio caso. Trovare poi la persona giusta da contattare, disponibile ad un’intervista e che fosse disposta a firmarsi e farsi fotografare in volto… beh questa è un’altra storia.

La città di Shanghai non è fondamentalmente una città celebre per i suoi muri dipinti da artisti con bomboletta (cosa non si fa per non scrivere graffitaro), contrariamente a Pechino (Beijing) che invece è invasa da street artist provenienti da ogni parte del mondo, disposti a tutto pur di poter esporre nel “798 Art Zone“. Se pensate, ed io lo pensavo, che Beijing sia soltanto “Grande Muraglia” e “Città Proibita” avete preso una grossa cantonata (deriva forse da “cantonese”?). Vi prego, se avete l’opportunità, fate un salto in questo distretto artistico perché si tratta del luogo più adatto per chi adora l’arte moderna, un laboratorio artistico a dimensioni cinesi (ovvero abnormi), un centro d’arte moderna e contemporanea situato all’interno di una vecchia fabbrica abbandonata nel quartiere nord della città (Dashanzi). A breve, articolo su CCT!

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Esiste però anche nella Parigi d’Oriente un piccolo borgo artistico, molto meno noto del suo fratello maggiore pechinese. La metropolitana mi ha sempre portato lontano. Anche questa volta non mi ha tradito. Linea 1, quella rossa (eh vabbè direte voi, sono monocromatici questi cinesi), direzione Nord. La nostra fermata è Shanghai Circus Park. Ed è lì che sono andato in un freddo nuvoloso mercoledì mattina.

Alex Chou sta fumando una sigaretta sulla soglia del suo studio. Lo riconosco da lontano, ha degli occhiali da vista davvero inconfondibili. I suoi abiti lasciano già intuire che questa mattina deve aver già “imbrattato” qualche muro o qualche tela. Mi saluta, mi sorride e mi offre una “sigaretta della felicità” (qua vanno per la maggiore). “No grazie Alex, non fumo. Preferisco vedere i tuoi lavori”. Il suo studio è praticamente una vecchia officina neanche troppo rimessa a nuovo. I soffitti sono altissimi, il bianco dalle pareti è sparito da molto tempo lasciando spazio a tag, blockbuster, stickers, stencils e schizzi d’arte in follie notturne. Saliamo al secondo piano su di una scala a chiocciola cosparsa di adesivi e flyer della sua Reload Crew. Il salone del piano di sopra è una vera e propria sala da museo, per chi, come Alex, vive e respira street art a 360gradi. Una gigantografia del volto di Madiba Mandela ci da il benvenuto. Persino attraverso un “dipinto” i suoi occhi mi rassicurano.

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Mr Chou mi fa strada. Prima ancora di entrare nel suo piccolo ufficio, un odore intenso di vernice fresca mi pervade, riportandomi alla mente i barattoloni di tintura in eccesso, avanzati dopo una sessione di pittura domenicale, successivamente riposti in cantine, soffitte e angoli più remoti di casa. All’interno ci sono più bombolette spray che probabilmente in tutto il reparto falegnameria di Leroy Merlin. Arcobaleni di prodotti vaporizzati, occhialini da saldatore, miriadi di sfumature che sono decisamente più di “cinquanta” e non sono per niente “grigie”, gradazioni di colori da far invidia a Mr Pantone (sì sì, lui in persona, ndr). Ci sediamo intorno al suo iMac 876 pollici, dettaglio che provoca in me reazioni tendenti all’autoerotismo. Registro sempre tutto. Ultimamente mi sento molto “pesce rosso”, la mia memoria pare rigenerarsi ogni 3-4 secondi. Non resetto, ritempro. Mi sento fortunato. Sono fortunato. Sono seduto di fianco ad un vero artista emergente, in una corte interna di un distretto dislocato chissà dove, fuori dal centro di una città grande come tutto l’Abruzzo. Le sue parole sono stimolanti. Le sue dichiarazioni a volte provocatorie. I suoi messaggi corroboranti. Il suo sorriso, quando scopre che sono di Prato, e che ha un amico che “lavora nel tessile” proprio da quelle parti… è contagioso. Stento a crederci. E sorrido insieme a lui.

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Come sei entrato in contatto con il mondo dei graffiti? Ho avuto molte opportunità di viaggiare oltre oceano. Ho vissuto molti anni in Germania, dove la street art è viva e presente da molto tempo. Successivamente sono tornato a Shanghai, mi sono licenziato dal mio lavoro e ho iniziato a provare a fare qui quello che avevo visto in giro per L’Europa.

Non esiste una scuola dove imparare a “fare graffiti”. Tu come ci sei riuscito? Quindici anni fa, la connessione internet in Cina era estremamente lenta. A quel tempo potevi imparare “how to draw a piece” soltanto da solo, guardando film occidentali o documentari sull’arte moderna, più o meno legalmente trasmessi qua in città. Il fermo immagine ancora non esisteva, quindi dovevi essere rapidissimo nello scattare una foto allo schermo con la tua camera analogica, sviluppare il rullino, portatelo a casa e poi provare a copiarlo “by yourself”. I miei primi graffiti sono stati fatti in alfabeto occidentale, non in carattere cinesi. Troppo difficili da modificare.

Sembra che adesso la “street art” stia diventando pian piano sempre più legale e ben accetta in moltissimi paesi. Qual è la situazione qua in Cina? La situazione dei graffiti in Cina è diversa rispetto a qualche anno fa. È migliorata molto, ma ancora oggi la società non ci concede uno spazio adeguato per esprimere la nostra arte. Spiegatemi voi perché ognuno di noi può facilmente trovare un posto dove bere alcolici, sballarsi, ballare fino a tarda notte, e noi non possiamo provare a fare quello che più adoriamo? Cosa c’è che non va con i graffiti? La mia crew è stata una delle prime a taggare sui muri di Mogashan Lu, ma poi un giorno il governo ha deciso che quel muro e quelle pareti andassero demolite e così è stato. Insieme a quei mattoni sono stati distrutti molti dei nostri lavori, molti dei nostri sogni. Noi non molliamo, ma così non è affatto semplice.

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Come ti senti quando dipingi per strada? Ogni volta che dipingo un nuovo pezzo, penso a quanto sia fortunato. Dieci anni fa un graffiti artist non sarebbe potuto sopravvivere soltanto facendo arte. Oggi io posso vivere la vita che sognavo da bambino. Ho un mio studio, tutto il mio team dipinge qua con me, i nostri progetti nascono dentro queste stanze, le nostre idee e i nostri colori si mescolano qui, andiamo in giro per la Cina tenendo lezioni sull’arte dei graffiti e abbiamo l’onore di lavorare con grandissimi artisti provenienti da tutto il mondo.

Quali sono i rischi più grandi per un artista di strada qui a Shanghai? In Cina non esiste una legge che proibisce i graffiti. I rischi che comporta uscire in strada con una bomboletta sono addirittura minori che in altri paesi. Basta essere certi di non dimenticare alcuni “piccoli accorgimenti”: è assolutamente proibito avvicinarsi a stazioni ferroviari, bus o metropolitana. E ancora più importante: NO slogan politici.

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Come si è evoluto il tuo lavoro in questi anni? La mia squadra – Reload Crew – sta crescendo a vista d’occhio. Abbiamo appena terminato un progetto che tocca le più grandi città cinesi (Shanghai, Beijng, Guangzhou). Si chiama “Nippon Subway Gallery”, un’idea ambiziosa che ci ha coinvolto giorno e notte per ben più di 6 mesi. Si tratta di una galleria d’arte all’interno delle gallerie delle metropolitane di questa città. A Shanghai potete trovare i nostri lavori a East Nanjing Road station. Abbiamo cercato, e lo stiamo facendo tutt’ora, di far apprezzare alla gente comune i nostri progetti, i nostri lavori: uomini e donne che ogni mattina si recano a scuola, a lavoro, in ufficio all’interno di queste caotiche stazioni metropolitane. Sono certo che il loro sguardo non si posi più soltanto sullo schermo di uno smartphone dopo aver visto cosa possono offrire alcune gallerie.

Cosa pensi di Banksy? È senza alcun dubbio il più famoso e controverso street artist del momento… Adoro Banksy, adoro i suoi lavori. Quell’uomo ha un talento fuori dalla norma, è capace di creare dal niente. Con davvero pochi elementi a sua disposizione riesce a inventare dei capolavori, pezzi d’arte che chiunque vorrebbe poter vedere dal vivo, oggi valutati migliaia di euro. E il mistero che c’è intorno al suo personaggio non fa altro che alimentare il fascino e l’incanto dell’artista inglese. Il suo stile è davvero unico!

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L’obiettivo principale di alcune “crew” qua in Cina è includere elementi tradizionali cinesi all’interno dei vari stili dei graffiti. Vale lo stesso per Reload Crew? Moltissime volte è così, ma non sempre. I graffiti hanno una cultura e una tradizione “Western”. Qua in Cina non tutti abbiamo avuto l’opportunità di ricevere una buona educazione artistica. Ci sono ancora fin troppe limitazioni per i giovani studenti cinesi: tantissimi artisti, o presunti tali, una volta raggiunta la tanto amata laurea sono ancora convinti che “red is the good color, the only one”. Mi prendo le mie responsabilità per quello che dico, ma il sistema scolastico è davvero obsoleto. È impossibile che oggi milioni di studenti cinesi non siano in grado di parlare e comprendere una parola d’inglese… Non capire quanto sia fondamentale relazionarsi con il mondo esterno, con il mondo al di fuori dei nostri confini. Vita, relazioni umane, carriera lavorativa: tutto si basa sulla cultura.

Molte persone pensano che i graffiti siano lo rovina delle grandi città metropolitane. Cosa vorresti dire a chi è contro la street art? Ognuno di noi ha una sua opinione, e va rispettata. Non condivido certamente questo tipo di mentalità. Molte volte mi chiedo: cosa posso realmente fare per mostrare loro che ci sono diversi modi di “fare graffiti”? Vorrei poter offrire loro differenti punti di vista, diverse opzioni di scelta affinché almeno provino a capire che le loro idee sono alquanto limitate. Cerchiamo quotidianamente un dialogo che sia produttivo, non sempre ci riusciamo. I nostri messaggi sono “allegati” dei nostri graffiti. Non siamo dei vandali che imbrattano i muri delle città. Siamo artisti a tutti gli effetti.

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