Tajadèl

Giulia Lazzerini | Associazione Succede solo a Bologna

BOLOGNA Piatto simbolo di Bologna, la Tajadèl (Tagliatella) è un tipo di pasta all’uovo tipico dell’Emilia-Romagna, da sempre associata al tanto amato ragù alla bolognese.
Nota in tutta mondo, viene erroneamente scambiata con la pappardella, il tagliolino e dai più profani persino con lo spaghetto! Il nome tagliatella deriva dal verbo “tagliare”, dovuto proprio al metodo di preparazione di questa pasta che viene prima stesa col mattarello a formare una sfoglia non troppo sottile, arrotolata su se stessa, e poi tagliata a listarelle. È un piatto che si coniuga bene con ogni tipo di condimento. A Carnevale si trasforma anche in dolce, aggiungendo un po’ di miele e zucchero caramellato (tagliatelle dolci).

Come e quando nasce questo famosissimo piatto bolognese? Non c’è una data esatta che ne indichi la nascita ma, come sempre, il popolo delle Due Torri ha sopperito a questa mancanza con una colorita storia. La leggenda vuole che il creatore sia stato Zefirano, cuoco di Giovanni II Bentivoglio, in omaggio a Lucrezia Borgia, che era di passaggio a Bologna per l’imminente matrimonio a Ferrara con il Duca Alfonso D’Este I. I suoi bellissimi capelli biondi ispirarono Zefirano che nel 1487 inventò così la tagliatella.

La ricetta ufficiale delle tagliatelle venne depositata il 16 aprile 1972 presso la Camera di Commercio di Bologna (Palazzo della Mercanzia) dalla Confraternita del Tortellino e dall’Accademia Italiana della Cucina. Insieme alla ricetta sono custoditi in una teca il campione in oro delle tagliatelle e le sue “misure” ufficiali: la tagliatella cotta corrisponde a 8 millimetri di larghezza (pari alla 12.270a parte della Torre degli Asinelli) che equivalgono a circa 7 mm da cruda. Lo spessore non è definito ma si aggira intorno ai 7-8 decimi di millimetro.

In quanto alle misure Pellegrino Artusi diceva: “Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l’imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina.”

Tajadèl

Mentre l’umorista e illustratore bolognese Augusto Majani nel 1931 recita così:

«Fate una pasta d’ova e di farina,
E riducete rimenando il tutto
In una sfoglia, ma non troppo fina,
Uguale, soda e, sul taglier pulito,
Fatene tagliatelle larghe un dito.
Che farete bollire allegramente
In molt’acqua salata, avendo cura
Che, come si suol dir, restino al dente;
Poiché se passa il punto di cottura
Diventan pappa molle, porcheria,
Insomma roba da buttarla via.
Dall’altra parte in un tegame basso,
Mettete alcune fette di prosciutto
Tagliato a dadi, misto, magro e grasso;
Indi col burro rosolate il tutto.
Scolate la minestra e poi conditela
Con questo intinto e forma, indi servitela.
Questa minestra che onora Bologna
Detta la Grassa non inutilmente
Carezza l’uomo dove gli bisogna,
Dà forza ai muscoli ed alla mente
Fa prender tutto con filosofia
Piace, nutre, consola e così sia.»

E a noi non resta che dirvi: “Äl ciâcher i én ciâcher … e äl tajadèl äl s mâgnen!”

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