Roberto Becattini
BIELORUSSIA Dopo un bel viaggetto di qualche ora in treno da Lviv, in Ucraina, a Brest, mi ritrovo per la prima volta in Bielorussia. In russo Belarus significa letteralmente Russia Bianca, White Russia in Inglese. La testa corre al White Russian, il cocktail che Jeff Bridges, nei panni sporchi di “Drugo” (che in russo suona come “amico”), sbevazza in continuazione nel “Grande Lebowski”. Ecco, scordatevi le atmosfere di un film dei Coen. Qui siamo a pochi km dalla Polonia e dall’Unione Europea, eppure per alcuni versi anche assai lontani.
Brest, omonima della città bretone, sembra subire il fascino ancora esotico dell’Italia: le mie ospiti mi trascinano al Venice, ristorante gestito da simpatici e volenterosi giovani cuochi che hanno studiato nel belpaese, senza purtroppo imparare un granché. Julia è un avvocato part-time, insegnante di polacco. Questo idioma è molto popolare qua, non solo perché più vicino alla lingua madre, ma anche perché dato l’esorbitante costo della retta universitaria (2000 U$ l’anno contro un salario medio di nemmeno 200 € !) molti giovani preferiscono andare a studiare nelle più economiche facoltà polacche. Le borse di studio disponibili sono in realtà prestiti d’onore da restituire in un’unica soluzione al termine dei corsi, o da rimborsare lavorando al minimo dello stipendio per due anni per lo Stato. Molti preferiscono non perdere tempo. Tania, l’amica di Julia, non parla inglese, non va all’Università, fa la commessa per un marchio di abbigliamento polacco (eddai!) made in Bangladesh, ma regala dei bei sorrisi.
La via commerciale principale della cittadina, che Julia chiama per comodità la Arbaty, presenta un ultimo tratto illuminato da due file di candele poste su dei lampioni in stile liberty. Ogni sera alle 20.30 lo stesso uomo si incarica di porre e accendere le luminarie, che il giorno successivo saranno ovviamente consunte. Il giorno di San Valentino le coppie scelgono uno dei lampioni e attendono l’accensione per baciarsi appassionatamente.
In centro noto subito nella strada principale la presenza quasi costante di farmacie (una ogni 50 m) e casinò (ogni 200 m), forse c’è una correlazione? Da quando Putin ha deciso di dare un giro di vite sul gioco d’azzardo, molti operatori del settore si sono trasferiti nella vicina e più tollerante Lukashenko-landia. Fatto sta che l’unico luogo in cui potete sperare di cambiare euro nella valuta locale dopo le 8 di sera è proprio il Casinò! Fra parentesi, 1 euro vale 10.500 rubli locali, qui l’inflazione è da Ippodromo.
Il mattino dopo la mia visita al monumento nazional-militare della Brestskaja krepost, la fortezza teatro della prima grande battaglia tra tedeschi e russi nel giugno del 1941, è segnata dal surreale incontro con una coppia di teenager. Il ragazzo, Kyril, parla con un buon inglese del suo futuro viaggio a Roma come di una spedizione su Marte. Cerco di incoraggiarlo fornendogli qualche link a possibili opportunità di stage all’estero, che avidamente annota. Ma è già tempo di partire alla volta di Minsk. La capitale è una città di 1.8 milioni di abitanti, ma non pensate di trovare la cucina di un ristorante aperta dopo le 22 del sabato sera, fuori dal pur ampio centro.
In Bielorussia non si coniano monete, ci sono solo banconote, con la ridicola conseguenza che la Fontana delle Lacrime, monumento ai caduti in Afghanistan, si trasforma in una sorta di laghetto coperto di ninfee cartacee. Larysa, la mia host nella capitale, mi consola il giorno successivo preparandomi un bel dranik, sorta di pancake con patate, semi di girasole e la onnipresente panna acida.
Più che dalla imponente e modernissima Biblioteca Nazionale, o dai soliti monumenti a poeti e scrittori che punteggiano il Viale della Vittoria, arteria lunga 17 km da me ribattezzata la “SpaccaMinsk”, resto affascinato, grazie al prestito della bici del padre di Larysa, Ufficiale di Marina a giro per il Mondo, dalla infinita pista ciclabile che dall’ex Gorky Park giunge, costeggiando il fiume Svislach, ad un incantevole laghetto artificiale in piena campagna. Le giornate settembrine qua sono sorprendentemente soleggiate e chi non se le godrebbe! Eppure la sostanziale mancanza di personalità delle città visitate, l’appiattimento liberista dei centri commerciali (fatta eccezione per i mitici magazzini Gum, che ancora resistono), non consentono di apprezzare il vintage soviet style, che ormai va cercato nelle campagne e nei piccoli centri, qua è ufficialmente defunto.
Oramai sogno di correre sulle spiagge della Crimea, Ucraina, nun te move, arrivo!
- * Approfondimenti
- – vedaikya.com: ovvero il techno-pop delle sedicenti Oksana, Elena, Oleg.