Artigianato e Palazzo, la magia e le storie dei maestri artigiani

Cristina Soldano

This Story is Sponsored by Artigianato & Palazzo 2018

FIRENZE Quando incontri persone che con naturalezza ti regalano la loro storia ti senti veramente privilegiata, così come quando nel giro di pochissimi giorni hai la fortuna di incontrare la passione più autentica.

A Maggio 2018, Firenze ha ospitato per un intero weekend alcuni dei migliori artigiani all’interno della XXIV edizione di Artigianato e Palazzo, la mostra che ogni anno mette in scena le eccellenze del territorio toscano, italiano e non solo! Luogo dell’evento il barocco Giardino Corsini, seicentesco scrigno delle meraviglie in cui perdersi riporta indietro nel tempo. La scenografia è incantevole: grandi limonaie e aiuole geometriche incorniciano il viale centrale e i “laboratori temporanei”, circondati anche da peonie, rose e lavanda.

Giardino Corsini

La mostra nasce da un’idea di Neri Torrigiani ed è promossa dalla principessa Giorgiana Corsini (che ho visto sfrecciare in bicicletta per il giardino insieme al marito Filippo; decisamente spiazzante quando ti aspetti una principessa con mantello e corona, magari in carrozza).

Un’idea legata al passato da una parte, con la tradizione delle botteghe e delle committenze, dall’altra ad una moderna concezione di maestro d’arte che accoglie il sapere tramandato da più generazioni e lo rende contemporaneo, per tecniche e modi di comunicarlo.

Appena arrivata a Firenze mi sono ritrovata immersa in un’atmosfera surreale, una sensazione che mi ha accompagnato fino all’ultimo giorno, passeggiando per Ponte Vecchio insieme agli artisti e ai ballerini improvvisati e senza regole. Una sensazione magica, un’immersione totale nella storia e nell’arte, complice quello che ho visto appena varcata la soglia del Giardino Corsini.

Ospite onorata e abbastanza emozionata dell’inaugurazione (16 Maggio), ho girato in lungo e largo tra i viali del Giardino. Ho sbirciato quello che avveniva tra gli espositori, ho visto occhi che nonostante la stanchezza traboccavano di gioia e ho colto dei sorrisi che anticipavano l’orgoglio di mostrare quello che è il frutto del lavoro di oggi e della storia di ieri.

La mostra principe, dedicata alla manifattura della porcellana di Richard Ginori, attiva dal 1735, ne celebrava l’unicità, l’eleganza e la funzionalità delle opere, mostrando all’interno della Limonaia Piccola i vari momenti del processo creativo, dalla preparazione del modello alla decorazione.

A questa era affiancato un interessante esperimento di arte contemporanea, esposto sotto il loggiato principale. Il designer fiorentino Duccio Maria Gambi ha realizzato 20 opere appositamente per Artigianato e Palazzo, il cui ricavato delle vendite ha contribuito alla raccolta fondi per la riapertura del Museo di Doccia.

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Proprio a partire da alcuni oggetti più rappresentativi della collezione Richard Ginori, il designer ha combinato passato e presente immergendoli in cubi e volumi di cemento. Risultato, un’opera che lascia scoperti solo alcuni dettagli delle ceramiche. Lasciando scoperta solo una parte di queste, pare che emergano e l’effetto richiama l’attenzione proprio sull’unica parte visibile, sulle finiture e sull’incastro perfetto tra la linearità del cemento e la complessità dell’oggetto.

Obiettivo della mostra, la valorizzazione dei mestieri che contribuiscono all’identità, non solo delle persone, ma anche delle comunità e dei luoghi che abitano. Ho cominciato a vagare per il  giardino, a parlare con gli artigiani, ho osservato le mani che raccontavano molto più di mille parole e che non potrò mai dimenticare.

Quelle di Cecilia Falciai, specializzata nella lavorazione della scagliola e del mosaico a commesso fiorentino in pietre dure e marmi. La bottega apparteneva a suo padre, lei ha scelto di portarla avanti, ma a modo suo. Con estrema pazienza, come si parla ad un bambino, Cecilia mi ha spiegato la tecnica della scagliola, che prende il nome dal materiale, un gesso che deriva dalla selenite. Questa tecnica permette una libertà espressiva e cromatica senza confini e le opere di Cecilia ne sono la dimostrazione. La sua produzione spazia dai tavoli ai quadri, dai complementi d’arredo alla piccola bigiotteria, oltre ai lavori su commissione.

Cecilia Falciai_Artigianato e Palazzo

Una delle sfide che accomuna gli artigiani che ho incontrato è quella di rendere contemporanee le tecniche passate, senza riprenderle in maniera impersonale e passiva ma donando loro un senso nuovo.

Un’altra storia che mi ha colpito è stata quella dell’azienda Brandimarte, storico brand fiorentino produttore di argenteria, nato nel 1955. Ad accogliermi c’è Bianca, designer e fiera portabandiera della terza generazione di artigiani della famiglia Guscelli. Nei suoi occhi l’orgoglio per questa rinascita, per la gioia di fare quello che ama e aver donato nuova vita all’azienda di famiglia. Perché non solo ha rimesso in moto una macchina meravigliosa, nata grazie al suo rivoluzionario nonno Brandimarte, ma porta avanti una battaglia per trasmettere “l’emozione dell’argento”. Non argenteria da sfoggio quindi, messa solo in vetrina per colpire gli ospiti e mai utilizzata: l’argenteria va vissuta, che si tratti di accessori per la casa, da portare in tavola o gioielli da indossare.

Brandimarte_Artigianato e Palazzo

Tra le mani a lavoro che più hanno incantata, rapide ma premurose, anche quelle di Alessandro Penko dell’azienda che porta il nome di suo padre, Paolo Penko, e che – seguendo la tradizione orafa fiorentina – produce gioielli e oggettistica in argento, oro e pietre preziose. I giovanissimi Riccardo e Alessandro hanno scelto di continuare il lavoro di bottega in un’ottica contemporanea e innovativa.

Paolo Penko_Artigianato e Palazzo

Le mani e il sorriso di Martina Levis mi hanno invece portata davanti alla sua esposizione; dove con entusiasmo mi ha raccontato “dell’oro vegetale” e di come nascono le sue creazioni. La sua storia inizia dalla curiosità, da un regalo ricevuto e dalla prontezza del suo papà che sceglie di partire insieme a lei in esplorazione, per cercare di capire da dove provenisse il materiale di cui tanto si era innamorata. Così arrivano in Brasile, e fanno la conoscenza della Capim Dourado, la pianta che cresce in maniera spontanea, raccolta dagli Indios, materiale di tutte le sue creazioni. Il brillante oro è il colore naturale di questa pianta così affascinante, che Martina, laureata in design, sceglie di studiare per farne le sue creazioni, creando Capim D’Oro. Alla base una ricerca sul made in Italy e sui monili antichi, riproposti in chiave moderna tra i suoi gioielli, a cui si affianca una linea più giovane con inserti di seta e fili colorati.

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È proprio la ricerca alla base della sperimentazione che rende un prodotto veramente unico. Arrivata davanti alle WOObag, ho dovuto riflettere un attimo per capire che fossero realizzate in legno. A crearle Officina nr3, un piccolo laboratorio creativo fondato da due giovani e intraprendenti architette di Treviso – Sara Da Dalt e Sheila Pierobon, innamorate del design e della ricerca dei materiali. Solo tenendone una tra le mani potrete capire quanto è sorprendente scoprire di cosa sono fatte. Borse in vero legno reso flessibile attraverso un lunghissimo processo di lavorazione e poi cucito e mixato con la pelle. Queste borse nascono dopo anni di ricerca e sperimentazione, di tentativi e fallimenti, fino al raggiungimento del giusto processo, che richiede numerose fasi e il coinvolgimento di artigiani diversi in ognuna di esse. Il risultato è un oggetto bello ma anche “sensibile” per cromie, riflessi luminosi e venature che così attentamente vengono scelte a partire dalla fase iniziale.

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Essendo marchigiana di adozione, le calzature mi attirano ormai in maniera naturale. Così mi sono imbattuta in Marta e Tommaso, creatori del brand “Le scarpe di Marta”. Una coppia di creativi con formazione tecnica e una passione per la calzatura che nasce e cresce anno dopo anno. Marta, laureata in podologia, sceglie di affiancarsi a due anziani calzolai romani per impararne i segreti e applicare quelle che sono le sue conoscenze mediche in un settore in cui ce n’è estremo bisogno. Passando prima per Roma, poi per la Francia, la Puglia, l’Emilia-Romagna e le Marche, nutrono la loro formazione professionale sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, tornando infine a Roma per chiudere il cerchio. Le loro scarpe artigianali hanno una forte riconoscibilità e personalità; oltre che ad essere estremamente comode, caratteristica che contraddistingue un prodotto artigianale che si dissocia e distingue dalla moda per seguire invece la propria inconfondibile strada.

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Ho visto poi all’opera anche le mani di Mattia, che insieme a Mara ha creato Altrosguardo, un laboratorio creativo che pullula di vita. Conciliando tecniche antiche e nuove tecnologie, realizzano gioielli, complementi d’arredo e oggetti di design, pezzi unici e vere e proprie opere d’arte in serie limitata. Un continuo esercizio di osservazione, guardando agli oggetti simbolo della tradizione passata in maniera nuova, ricreandoli e assegnando loro un nuovo significato.

Artigianato e Palazzo

Passeggiando ancora per la mostra, i miei occhi si sono posati su una “lettera 32” Olivetti, e quando ho alzato lo sguardo ho visto dietro questa gli occhi azzurri di Luca Crevenna, che senza nascondere la timidezza mi ha raccontato della passione esplosa per le macchine da scrivere e di come da metodico e sognante architetto ha imparato a ripararle completamente da solo. Mi ha fatto pensare ad una sorta di infermeria la sua QZERTY, che dopo aver scovato questi cimeli affascinanti li restaura con cura, rimettendoli in vendita.

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E poi è impossibile non fermarsi nella Limonaia Grande davanti all’esposizione di Mazzanti Piume. Come una bambina non ho resistito nel toccare le morbidissime piume che decoravano i cappelli e copricapi esposti, i coloratissimi boa di struzzo e marabout, le frange, le spille, mentre Duccio mi raccontava l’incredibile storia della sua famiglia. Il viaggio comincia negli anni ‘30 da nonna Natalina Acciai, che impara in bottega l’arte di realizzare fiori artificiali per ornare cappelli di nobili dame nel periodo estivo e che d’inverno venivano sostituiti dalle piume. Il sogno di nonna Natalina di mettersi in proprio si realizza quando suo marito Lelio Mazzanti gioca 3 numeri a Lotto, vincendo la somma che permette, nel 1935, di aprire la ditta Mazzanti. Una storia magica per un prodotto altrettanto affascinante, che oggi raggiunge le case di alta moda di tutto il mondo, così come i set cinematografici e i teatri. Duccio Mazzanti, quarta generazione di artigiani e irresistibile intrattenitore di persone curiose, continua a ricercare e sperimentare, coinvolgendo scuole di design e giovani creativi in questo lungo e appassionante viaggio.

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Ecco, queste sono solo alcune delle storie che ho ascoltato. E in tutto ciò era impossibile non trovare un angolo della mia Puglia anche a Firenze: i giovani titolari di Danieli – il forno delle Puglie mi hanno fatto sentire subito a casa quando, dopo due chiacchiere sulla metafisica dei taralli me ne hanno regalato una busta stracolma (di quelli che più buoni non ne esistono).

Questa storia fatta di tante storie nasce come sempre quasi per caso e si conclude nella consapevolezza di essere stata testimone di un’esposizione unica nel suo genere. Non solo la bellezza salverà il mondo ma anche il coraggio di chi oggi riapre una bottega, di chi riprende in mano il mestiere di suo nonno perché tra quegli attrezzi dove è cresciuto non riesce proprio a sopportare il silenzio. Il mondo verrà salvato da persone appassionate come loro, da chi decide di dare un nuovo futuro ai meravigliosi mestieri che hanno reso decisamente più bella e preziosa la nostra Storia.

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Per maggiori informazioni sull’evento e per restare informati sulle prossime edizioni di Artigianato e Palazzo: www.artigianatoepalazzo.it

P.S. Un ringraziamento speciale alle persone meravigliose che ho incontrato qui e che hanno condiviso con me questa esperienza! A presto, Cristina 


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