Napoli, un giorno all’improvviso mi innamorai di te

Jale Farrokhnia

Dopo venticinque anni senza conoscerla, era proprio il caso di salire su un treno e stringerle la mano.


IMG_20170423_000210_573NAPOLI è necessario visitarla per non restare zitti o non ripetere le solite frasi comuni a tutte le persone che, se sei italiano, all’estero inevitabilmente ti chiedono: “dimmi un po’, e a Napoli ci sei stato?” o “parlami di Napoli, non vedo l’ora di visitarla!”.

Un italiano che non la conosce avrebbe poco da dire su questa città, a parte tutto ciò che ogni giorno ci mette in allerta dall’andarci senza preparare adeguate munizioni di difesa. Napoli è sporca, Napoli è piena di cattiva gente, a Napoli non c’è pace, stai attento alla borsa, non portare il computer con te, non indossare collane, orecchini, non farle capire che sei uno sprovveduto, uno venuto da fuori. Napoli, quando non la conosci, è una malattia contagiosa che ti si aggrappa sul petto, è un lebbroso che vuole baciarti, è un veleno pronto a inguaiarti la testa e a infestarti del male più temibile per un viaggiatore, così come per un uomo che vorrebbe vivere la sua vita in virtù della propria razionalità: i pregiudizi.

I pregiudizi del sud corsaro, mariuolo, selvaggio, privo di redenzione hanno inciso un marchio indelebile sul meridione, e Napoli è la capitale di tutte le paure e di tutti i luoghi comuni di un turista titubante. Non potevo lasciarmi rovinare così facilmente il viaggio e ho deciso di dimenticare per tutta la sua durata le informazioni che nel corso degli anni avevo raccolto sulla città.

Ad accogliermi ho trovato una metropolitana nuova, decisamente in condizioni migliori di quella della capitale, e strade in cui avevo quasi vergogna a girare col mio GPS, circondata da un coro di persone attente, pronte a dirti “se ti sei persa te lo dico io dove devi andare, a noi piace che la gente quando viene parli con noi.”

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E così, dopo aver trovato la casa del mio ospite Andrea a Montecalvario, inizia il viaggio a zonzo col naso all’insù, proprio come le guide sconsigliano, alla ricerca della gente nei bassi, delle donne sui balconi, dei tetti, dei palazzi posti sempre più in alto. Non mi fermo per molto tempo e non ho voglia di chiudermi in un museo, ho già il presentimento che questo sia solo il primo di una serie di incontri con Napoli, quindi per questa prima volta decido di trascorrere le ore che ho a disposizione per le strade, lasciandomi cullare dagli odori e sapori autentici di una cucina che non conosce rivali.

Camminare per le strade di Napoli è un mantenersi in equilibrio sui cubetti di porfido tra l’attrazione vertiginosa dei quartieri arroccati in alto, i più residenziali, dalla volontà di abbracciare tutta la distesa cittadina con un solo sguardo, e il richiamo insistente del mare e del porto, del profumo irresistibile della frittura di pesce al cartoccio.

Il blu del mare si confonde facilmente con quello del cielo e con il Vesuvio in lontananza, quasi fosse un tutt’uno, un gioco di chiaroscuri ingannevole.

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Nei Quartieri Spagnoli e in zona Tribunali, le piazze brulicano di gente e non sono solo i bambini che non si stancano mai di giocare per le strade: mercanti, studenti, residenti e anche molti turisti che con il loro passaggio in questa città hanno promosso negli ultimi anni un ritorno di interesse nei confronti di un luogo considerato spesso indebitamente origine di tutti i mali. La voglia di riscatto di Napoli parte dal basso, dalle mamme che gridano ai figli di non peggiorare la situazione, di non buttare le carte del gelato per strada, dalla piazzetta vicino alla storica Trattoria da Nennella (che dal 1949 serve i piatti della tradizione) con monumenti con su incisi i pensieri dei bambini che sognano di non dover portare sulle loro spalle il peso delle azioni dei grandi del loro quartiere, il grido di chi vuol far sapere che qui “non siamo tutti delinquenti, anche noi possiamo migliorare e fare del bene.”

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Nella Napoli che ho conosciuto per strada, dalle chiacchierate insieme ai ristoratori e alle persone che mi si avvicinavano incuriosite, ho capito che una cosa è certa, non c’è spazio per la malinconia e neanche per la tristezza.

In tutto c’è una forza inspiegabile, un invito alla vita che parte da terra e lascia andare le disgrazie, ché tanto il sole domani sorge di nuovo e un modo per andare avanti si trova, come si è sempre fatto. 

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