L’insalata di Gerusalemme

Simone Bardi
GERUSALEMME La città più complessa del mondo spiegata con disarmante semplicità da un gentiluomo armeno, ovvero quando una metafora è più evocativa di mille parole.
 
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Quanto è difficile cercare l’anima di un posto tanto piccolo eppure così complesso come la Città Vecchia di Gerusalemme. Quattro km di mura, dodici porte di accesso, quattro quartieri, tre religioni, quasi quarantamila abitanti, il tutto in poco meno di 1 km quadrato. Una grande massa elastica di esseri umani in continuo movimento, che si comprime chiudendosi all’interno dei propri quartieri e si allunga sconfinando per necessità negli spazi degli altri.
 
La Città Vecchia è così, ti accoglie e ti rifiuta, ti attrae e ti respinge, ti spiazza e ti travolge. Ma l’emozione che provi ogni volta che varchi una delle porte riguarda le persone, non i luoghi. Stai entrando in una specie di dimensione parallela, una realtà sospesa. Passeggi spostandoti da un quartiere ad un altro, osservando incuriosito. Incroci il vecchio professore ebreo che ti racconta la sua storia d’amore con un’italiana, il commerciante palestinese che fa la sua propaganda attraverso i souvenir per turisti, il soldato che prega con una mano sul Muro del Pianto e l’altra sul suo fucile, l’oste della taverna armena che ti abbraccia e ti accoglie come se fossi uno di famiglia, il bambino che gioca con la corda isolato all’interno del comprensorio armeno di San Giacomo.
 
Ognuno ha la sua storia da raccontare, ognuno ha la sua versione dei fatti, ognuno ha le sue ragioni da vendere… ognuno cerca di ritagliarsi il proprio spazio. Ascolti tutti, cerchi di farti un’idea, ma sono troppe le definizioni che trovi, troppe le sfumature che ti sfuggono. Come possono convivere così tante “diversità” culturali e sociali, religiose e politiche, in questo frenetico crocevia dove l’equilibrio e la tolleranza sono concetti molto precari, preziose chiavi per sopravvivere?
 
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Continui a farti domande fino a quando non entri per caso in una piccola bottega del quartiere armeno… e curiosando tra gli scaffali, in mezzo a quelle vecchie ceramiche, vieni avvicinato dal proprietario. Un signore affabile ed elegante con la faccia sincera e le rughe di chi ha visto e vissuto più di quanto tu probabilmente potrai mai fare.
 
Parla un po’ della sua famiglia e della storia degli armeni a Gerusalemme, dei conflitti, delle incomprensioni, della vita quotidiana. Si accorge che faccio fatica a capire, che ho bisogno di qualcosa di semplice ed immediato per immedesimarmi in quella realtà. E allora fa finta che io sia un bambino e pesca dal suo cilindro una metafora tanto semplice quanto chiara. 
 
Fai conto di avere davanti un’insalata, mi dice. Ci sono pomodori, lattuga, carote, peperoni, cetrioli, cipolle, tutto quanto insomma. Se li mischi tutti insieme viene fuori una buonissima insalata mista, ricca di sapori diversi che si amalgamano bene tra loro e che rendono quell’insalata gustosa e unica! Ma se li vuoi tenere separati, allora probabilmente diventeranno insipidi, monotoni, noiosi e anche senza gusto. Ecco, questa è Gerusalemme, una grande insalata fatta di tanti ingredienti che risultano interessanti solo se mischiati ed integrati l’uno con l’altro. E chiunque provi a separarli rischierà di rovinare la magia di questa città. Perché la sua bellezza è proprio questa, la Città Vecchia appartiene a tutti e tutti appartengono a lei.
 
È solo così che si può capire lo spirito di questo piccolo lembo di mondo a dir poco incredibile. Lo so che questa definizione potrebbe essere applicata un po’ a qualsiasi realtà sociale, ma per me resterà sempre legata a questo posto e alla saggezza di quel signore armeno che riuscì a farmi sorridere con una metafora. A volte le domande più complesse hanno bisogno di risposte molto semplici.
 
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