In corpo c’è buio

Ella Jane Chappell

Stories by the “Creative Curious Travellers 2016” about the city of Prato. Thanks to: Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci | Camera di Commercio di Prato | USE-IT Prato | LeCù | Fonderia Cultart | Biscottificio Antonio Mattei | Cibino Take Away | Gelateria Fior di Sole | Apothéke Cocktail Bar | Dolci Amari | Caffè Vergnano | Camaloon | The GIRA.


NOTA: vi suggeriamo di leggere il testo originale – in lingua inglese – per comprendere e apprezzare a pieno questa poesia, inclusa la melodia dei suoi versi. Abbiamo cercato di tradurla in italiano ma consapevoli di quanto sia impossibile (nella traduzione) rimanere completamente fedeli all’intenzione poetica; quindi, ci scusiamo innanzitutto e in anticipo con l’autrice e invitiamo di nuovo i lettori, se possibile, a gustare le sue parole nella versione autentica, in inglese. CCTeam


In the body there's dark by Ella Jane Chappell 1-2-3-4

In the body there’s dark (In corpo c’è buio)

citando idiomi italiani tradotti letteralmente in inglese


In altitudine il cielo è un sistema riavviato di blu.
Kate mi sta dicendo che il colore non esiste
e ciuffi di nuvole sono alla loro opera senza fine, analizzando
lo slancio e la neve degli Appennini sotto. Il colore,
invece, potrebbe essere inteso come un meccanismo di coping. *
Ho disegnato una freccia nel mio taccuino
sotto le parole scarabocchiate Iridescenza? Cristallo fotonico?
Accanto a me, Nick si sporge dalla finestra della piccola cabina
in attesa di qualsiasi cosa. Dimmi
l’ultima volta che hai assaggiato
il sapore di vivere nel tuo corpo.
È come la vodka – il sapore di niente, così
travolgente che trafigge e riscalda
e conduce la tinta del nulla attraverso il tuo cuore –
Iridescenza? Cristallo fotonico?
In corpo c’è buio.
Ventiquattro ore più tardi, stiamo mangiando schiacciata
con olio dolce e zucchine, pomodori seccati al sole
salame affettato alla svelta con un coltello da tasca.
Nella valle c’è luce.
Foschia brulicante con luce all’orizzonte
o l’orizzonte si annebbia con me, luce, brulicante per la liberazione.
Un esempio di un ignoto noto è il modo in cui l’arancione s’illumina
sgorgando attraverso l’aria che lo rende più pulito, più giurassico.
Non mi sono mai sentita così pesante
incapace di toccare niente.
Sorridi, ora che hai i denti.
In serata, condividiamo vino locale
pappa al pomodoro, antipasti
un panino ripieno di prosciutto locale
l’altro genovese, pressato e insaporito con pesto
per me: lasagne a strati e ricche come la patafisica della nostra familiarità.
Ci sono logiche che fuoriescono tra le nostre parole
nonostante assiomi e grammatica imparata da anni di amicizia
piccoli sorrisi e suoni animali al posto di affermazione
e opinione. Miei amici, il mio amore per voi
rotola fuori dalla lingua in ordine di:
verbo, aggettivo, proposizione, ovvietà,
gin, vodka, campari, ovvietà,
Katie, Nick, Mike, ovvietà,
morbida pasta imbevuta di liquore, crema pasticcera, crema
ovvietà
nominare è amare.
Quiete, quiete, nel mezzo della piazza.
Crescere, venire su, è un processo di trasformazione
dentro e fuori – le appendici prima e poi
i villi fronzolanti, un tropismo delle parti più profonde
che restringe e appassisce nella luce, un processo
più comunemente chiamato umiliazione.
Avresti pensato di poter costruire una verità
sul grembo e sull’apice
sottoposto a processi sempre più aggressivi
allungato e composto in una forma
fibre arrotolate e legate insieme – Io sono
il risultato dell’impressione ripetuta di me stessa.
Un lupo travestito da pecora.
La mia testa in giù nel mio cucchiaio
finisce in me.
Il luccichio del sole sul fiume
finisce in me.
La parola per autentico qui è tipico
che non è abbastanza corretto. C’è un piccolo spazio vuoto
tra le lingue che rimbalziamo da una parte all’altra 
battendo i denti su una strada trascurata verso
un vigneto. Qui non siamo mai vicini al momento giusto
che serve solo a rendere più dolce l’arrivo quando
capitiamo in un’osteria nella piccola Carmignano
il luogo dove prendere vino rosso e dolci
dove imparare la parola per “aprire”.
Scelgo bene un burroso aggroviglio traballante,
pieno di marmellata e glitterato con zucchero.
Beviamo direttamente dalla bottiglia parcheggiati ad una fermata dell’autobus
oliveti conditi con una scia di cipresso.
Se il colore è un meccanismo di coping del cervello *
marmellata e cristalli di zucchero
sono la cataratta, un offuscamento lattiginoso della mia visione
così come il nostro tuk tuk che scuote lacrime dai miei occhi
e con questo intendo che scuote tristezza e bellezza dai miei occhi
e con questo intendo che scuote le mie guance colorite dal vino
così come ti spiego:
per un fiore sbocciare deve rivelare la sua vacuità.
Questa esperienza è autentica, ma non tipica.
Il mio primo vero momento in sei anni e mezzo arriva
quando ci sediamo davanti a spritz e spaghetti al pomodoro il giorno dopo.
Metto la testa giù al mio posto e allungo
la schiena, una collana d’argento fine sfugge nel luogo
nella stessa piazza in cui viene sfoggiata la cintura dell’ascendente Vergine
tre volte l’anno, io sono benedetta
dal seme della mela di mia madre
che è stato il seme della mela di mia nonna.
Il dolore in una minuscola cattedrale che strimpella con accordi.
In corpo c’è buio.
L’ aperol e i pomodori sono arancione amaro
e arancio dolce in uno spettro che comprende
la luce del sole, i cachi d’inverno su un ramo spoglio
il pesce intravisto sott’acqua felice
il ricco tuorlo d’uovo libero
calendule e vero, vero sangue.


* In psicologia, il concetto di coping, che può essere tradotto con “fronteggiamento”, “gestione attiva”, “risposta efficace”, “capacità di risolvere i problemi”, indica l’insieme di strategie mentali e comportamentali che sono messe in atto per fronteggiare una certa situazione. 


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