BARI Toni e Vito sono cognati e due persone molto diverse fra loro: il primo istrionico e smaliziato, il secondo tranquillo e un po’ ingenuo. Le loro forze dovranno unirsi in una notte barese durante la quale Toni aiuterà Vito a ritrovare l’auto che gli è stata rubata poche ore prima.
“Mio cognato” è il secondo lungometraggio di Alessandro Piva che ama raccontare la giungla barese (già lo fece all’esordio con “LaCapaGira“) popolata di personaggi poco raccomandabili come Marlon Brando, Sandokan e Saddam.
Anche Toni può essere annoverato fra questi personaggi ed infatti anche lui ha un soprannome, “Il professore” (e la scoperta del motivo vi strapperà molte risate): proprio l’approfondita conoscenza del contesto urbano della città è ciò che distingue maggiormente i due protagonisti. Vito, all’inizio molto diffidente, rimarrà letteralmente folgorato dalla notte barese, un mondo a lui sconosciuto in cui sacro e profano si confondono fino all’annullamento reciproco.
Con questa commedia dolceamara, il regista salernitano ci racconta il sud con le sue contraddizioni… tema ampiamente trattato nella filmografia italiana e, proprio per questo, difficile da affrontare senza cadere nel banale.
Piva invece realizza un’opera efficace che descrive Bari in maniera esaustiva, mostrandone pregi e difetti. Proprio la critica sottile ma tagliente permette al regista di omaggiare il capoluogo pugliese, ennesima città del sud vittima di se stessa.