Amo l’Italia con tutti i suoi difetti e odio chi sa solo parlarne male. Per questo, nei miei due precedenti articoli, ho esaltato periferie e monumenti italiani (non che sia il paese perfetto, intendiamoci) e, per questo, oggi si va a Bruges con tutta la sua ostinata compiutezza (non che tutto l’estero sia così, intendiamoci).
“In Bruges” è il film che riesce a descrivere in maniera precisa l’anima di questa città: è un purgatorio senza scampo di turisti (molti) che vi vedono una bellezza paradisiaca e di altri (pochi) che ne demonizzano la perfezione infernale.
I due killer professionisti Ken e Ray si dividono sin dall’inizio sul dibattito in questione: il primo (Brendan Gleeson) è attratto irrimediabilmente dal fascino medievale-gotico della città, mentre il secondo (Colin Farrell) ne odia in modo sofferente la moltitudine di turisti, stradine in pavè e canali.
Ken e Ray sono stati spediti a Bruges dal loro capo Harry (Ralph Fiennes) per riflettere sulle proprie colpe in attesa di ulteriori istruzioni; fra i due si delinea un rapporto padre-figlio nel quale il saggio Ken tenta di spiegare invano all’immaturo Ray che i loro peccati e, in particolar modo quello di Ray, non sono senza rimedio.
E proprio tale visione della situazione ricalca il giudizio dei due sulla città: un possibile paradiso per Ken, un credibilissimo inferno per Ray! Ben consapevoli della propria posizione, i due – come in un Purgatorio – aspettano l’ineluttabile sentenza del capo che non tarderà ad arrivare.
Chi fosse in procinto di fissare una vacanza in Belgio o un weekend di coppia a Bruges, troverà dunque in questo film indicazioni molto utili sulla città, perché Bruges o la ami o la odi: può essere paradiso o inferno ma, proprio per tali motivi, è una città da visitare.