Un libro, un luogo, un video

Elena Mazzoni Wagner

Un luogo per un libro. Nel caso de “Gli studenti di Storia” dell’inglese drammaturgo Alan Bennett, il giornalista Luigi Mascheroni – al Giornale dal 2001 dove si occupa soprattutto di cultura – non poteva che ambientare la sua prima video-recensione nei corridoi e chiostri dell’Università Cattolica di Milano, dove insegna Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico. Sorpresa. Da adesso, anche Mascheroni ha un blog e chissà se il prossimo passo virtuale non sarà su Twitter (ogni post nasce per essere letto e/o ascoltato il più possibile e cinguettare, si sa, aiuta). Una video-recensione alla settimana, un libro raccontato in pochi minuti in un contesto simbolico e in sintonia col titolo dell’opera letteraria scelta. La promozione al libro e alla casa editrice va da sè. Ma l’idea di un format così immediato che parla di letteratura, mostra la copertina e le pagine stampate di un libro, le sfoglia e ne legge qualche riga, non è solo pubblicità: è anche un invito intelligente e simpatico alla lettura, che usa il linguaggio digitale più completo. E dato che a noi italiani – almeno per ora – l’ebook non piace affatto, conforta vedere un po’ di carta e inchiostro su YouTube. Bella idea, complimenti. Ma attenzione. Come ammette lo stesso Mascheroni, si tratta di un’idea rubata (e riadattata) al collega americano Ron Charles: critico letterario del Washington Post, perde il lavoro quando il supplemento “Book World” che dirige viene chiuso per mancanza di interesse del pubblico; dunque s’inventa dei brevi video nei quali recensisce i libri in modo divertente, sarcastico, antiaccademico e persino surreale. Magia: il successo su Internet lo riporta al giornale. Così nell’agosto 2010, apre sul sito del W.P. la rubrica intitolata ‘The Totally Hip Video Book Review’ e con “Freedom” di Jonathan Franzen inizia la serie. Gli americani hanno molta più confidenza col web. I lettori comprano e scaricano sempre più volentieri i libri da Amazon che leggono poi sui vari tablet, pc, smartphone. – Anche se non manca chi, come lo scrittore Franzen, difende il libro di carta e ritiene l’ebook un danno alla società. – E i giornalisti americani twittano ormai da anni, lo stesso Ron Charles usa i famosi 140 caratteri. (Cosa aspetta Luigi Mascheroni? La “vecchia” email con il link al post del blog – scusate ma ormai sono parole anche italiane – è un tweet in gabbia e rischia di sembrare solo spam. Se spera in un successo simile a quello del collega d’oltreoceano, deve affidarsi alla libertà del web, dove vince la meritocrazia: qui sono davvero i lettori a premiare o no un buon critico, professore, giornalista o blogger).

L’idea, originale o meno, resta interessante. CCT è curioso di seguire questa versione italiana e scoprire i prossimi luoghi-libri suggeriti dal Prof. Mascheroni. Imitare il giornalismo anglosassone non è poi una novità. Almeno stavolta il Giornale è sincero e avvisa i lettori. Mentre nel 2010 e 2011, pubblicando ‘Il Milanese’ (del fotoreporter Max Peef) – 50 storie di vita raccontate da 50 persone di Milano: per ognuna, un video creato dal montaggio di foto in bianco e nero – non ha mai svelato di essersi ispirato al suggestivo progetto ‘One in 8 Million’ del New York Times. Stesso identico format, spudoratamente copiato e incollato. Nessun minimo sforzo creativo, nessun tocco originale. Il risultato, un triste clone. Persino la data della prima pubblicazione è ridicola: il NY Times ha iniziato la serie l’8 Gennaio 2009; il Giornale, l’8 Gennaio 2010, esattamente un anno dopo. Ma la cosa peggiore, è che ilGiornale.it spaccia l’idea come sua. Sembra quasi un brutto vizietto… però stavolta è andata bene: Mascheroni imita Charles, ma con classe e onestà.

Una riflessione di Ron Charles sul “business” delle recensioni:

Il video-blog di Luigi Mascheroni

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