Anche noi ci baciavamo ad Ellis Island

È chiamata “The Kissing Post”, la placca che spiega come ci si bacia(va) in diverse culture, tra marito e moglie, parenti e amici, nel rivedersi dopo aver trascorso un lungo periodo lontani l’uno dall’altro. Molte persone ritrovavano qui i loro cari. In modo estroverso o pudico, affettuoso o timido, ridendo o piangendo dalla gioia, si salutavano. – Dell’uomo italiano è scritto che baciava spesso i suoi bambini mentre con sua moglie non osava mai scambiare baci e abbracci in pubblico, e raramente le rivolgeva parola. – Dopo un lungo viaggio via mare, gli immigranti arrivavano in quest’ “isola delle lacrime e della speranza” da tante parti del mondo. Anche dall’Italia. Di questo curioso e romantico dettaglio, ne parla anche il film commedia Hitch. Chi lo ha visto, avrà forse in mente quella scena in cui Willy Smith organizza una gita “fuori porto” per sorprendere Eva Mendes. In moto d’acqua, partendo dal porto di Manhattan, raggiungono Ellis Island e lì visitano il Museo dell’Immigrazione. Così lei scopre che un suo bis-bis-nonno era passato da qui prima di diventare cittadino americano. E nella realtà, nella Storia, chissà quanti nostri bis o tris familiari hanno buttato baci e mosso carezze in questo strano pezzo di terra, questa specie di ponte, sospeso tra passato e futuro.

In origine conosciuta come Oyster Island, l’isola che ha accolto decine di milioni di persone, in particolare dall’Europa, raggiunse le attuali dimensioni grazie alla terra rimossa durante la costruzione del sistema metropolitano di New York. Più di 100 milioni di americani possono rintracciare qui i loro antenati: ogni singolo uomo, donna o bambino che sbarcò tra il 1892 e il 1954 è nell’elenco di un registro che raccoglie tutte le firme degli allora aspiranti cittadini statunitensi. Nella Sala dei Registri, dopo una preliminare visita medica, gli ispettori del Servizio Immigrazione segnavano nome, luogo di nascita e destinazione, stato civile, disponibilità di denaro, professione e precedenti penali. Ricevuto poi il permesso di restare nel suolo americano, le persone venivano accompagnate al molo del traghetto per Manhattan. Nel 1910 il 75% dei residenti di New York, Chicago, Detroit, Cleveland e Boston, erano immigrati oppure figli di immigrati. Generalmente vivevano nelle aree più povere delle città, nelle diverse Little Italy o China Town, ad esempio. Dal 1990, il Museo conserva tutti gli archivi degli arrivi a Ellis Island e quelli del periodo 1892 – 1924 sono stati immessi in internet. Così chiunque, andando sul sito www.ellisisland.org, può cercare il suo bis-bis-nonno o tris-zia.

Award-winning film documentary “Island of Hope, Island of Tears”

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AAA Cercasi “Montecatinesi nel Mondo”


Il Comune di Montecatini Terme (PT) si è divertito a cercare, andando per tentativi, chi in quel tempo è partito da qui per raggiungere i vari porti italiani o stranieri e poi fare approdo a New York. Sicuramente qualcuno è sfuggito e la lista non è completa, ma si può avere una buona e sorprendente idea di quante persone della popolazione montecatinese decisero di emigrare negli Stati Uniti, la “terra promessa” d’oltreoceano (senza tener conto di chi invece scelse l’America del Sud, l’Australia o un altro paese d’Europa). Il sito del Comune riporta cognome, nome, l’anno di arrivo e l’età della persona. Chiunque può approfondire la ricerca sul sito ufficiale di Ellis Island e trovare altre informazioni: la nave d’imbarcazione, il porto, le date di partenza e arrivo, e quale sarebbe stata la destinazione. L’elenco trascritto dal Comune può risultare impreciso e avere qualche errore grossolano. Comprensibile e perdonabile, dato che la trascrizione è stata fatta leggendo (sullo schermo del computer) vecchi archivi scritti a mano. L’idea e lo sforzo sono comunque molto apprezzabili. Non tutti i Montecatinesi rimasero in terra statunitense. Sicuramente, però, le persone indicate arrivarono ad Ellis Island in modo legale e tentarono di realizzare il loro sogno americano. Oltre all’elenco in ordine alfabetico di circa 280 cognomi, il Comune raccoglie anche molti racconti e foto in bianco e nero – tra cui quello di Sirio Maccioni, padre del noto ristorante Le Cirque e di Ivo Livi, divenuto l’artista Yves Montand – di chi ha portato Montecatini nel Mondo.

Ellis Island & Lampedusa


Il neonato Museo dell’Immigrazione a Lampedusa, iniziativa dell’Associazione culturale Askavusa, ha in progetto un gemellaggio, forse scontato ma di sicuro appassionante. Giacomo Sferlazzo, artista eclettico che con gli scheletri delle barche e gli oggetti ritrovati sull’isola crea opere d’arte, ha dato inizio a tutto: «Attualmente il nostro Museo è piccolissimo ed è tutto autofinanziato. È una piccola stanza, ma molta gente lo viene a visitare e ne rimane colpita. Non abbiamo ancora fatto una proposta concreta al museo di Ellis Island perché aspettiamo di arricchire prima questo centro, ma credo che a breve scriveremo una lettera, così per far conoscere intanto le nostre intenzioni. Pensiamo sia necessario mettere in parallelo le due migrazioni, quella degli italiani – e non solo in America – e quella degli Africani, Indiani, Pakistani, etc. in Europa». Tra gli oggetti più curiosi finora ritrovati e qui esposti, una bottiglia di plastica verde con dentro un foglio di carta a quadretti e un messaggio in arabo: «Chiunque troverà questa lettera, voglio sposarlo con il rito musulmano». C’è pure un numero di telefono, alla fine, un numero tunisino. Ma all’altro capo non risponde nessuno. Chissà che fine abbia fatto la donna di questo messaggio affidato al Mar Mediterraneo. E chissà, invece, quali lettere, foto, e cos’altro, avevano portato con sé e lasciato per strada, i nostri compatrioti a loro tempo. Sarebbe interessante confrontare le diverse realtà emigranti, attraverso queste tracce concrete di storie umane, vaganti, in cerca di speranza e un finale talvolta anche romantico.

Da Genova, in viaggio per mare


Il 18 novembre 2011, il terzo piano del Galata Museo del Mare ha inaugurato una nuova sezione permanente: “Memoria e Migrazioni”. MeM racconta l’emigrazione italiana e straniera via mare. Dopo la mostra “La Merica! Da Genova a Ellis Island” allestita qui nel 2008 e dedicata ai viaggi degli italiani verso gli Stati Uniti, il Galata presenta un’esposizione permanente e dinamica che racconta in 1200 metri quadrati ed oltre 40 postazioni multimediali, molte delle quali interattive, come le migrazioni segnino la società italiana. Attraverso simboliche ricostruzioni ambientali, l’allestimento ricorda le diverse destinazioni degli italiani: quelle urbane come la Boca, il coloratissimo quartiere di Buenos Aires, oppure quelle rurali, a volte perse nella foresta, come in Brasile; e infine quella più nota, Ellis Island. L’ultima sezione, per la prima volta in una sede culturale istituzionale permanente, è dedicata invece alla più recente immigrazione straniera in Italia.

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