Parigi, la città allo specchio

Paris by Mario von Bucovich, 1928
Paris by Mario von Bucovich, 1928. At the foot of the Eiffel Tower
“In love with Paris in a mirrow along the street” by Elena Mazzoni Wagner, 2010

PARIS Con o senza narcisismo, a Parigi specchiarsi è un obbligo. Un passo, una vetrata o uno specchio. Cammini insieme al tuo riflesso. Nei passages di questo museo all’aperto, in modo più o meno consapevole, ti trasformi nel flâneur – (un po’ dell’800, come lo pensò Charles Baudelaire; un po’ del ‘900, come lo ha ripensato Walter Benjamin; e un po’ come lo immagini te) – che vanitoso osserva la bellezza, l’eleganza, lo stile della città e che, in ogni riflesso, s’innamora sempre più di se stesso per il semplice fatto che è lì; s’invaghisce di sé in quella via, in quel bistrot, in quel café. Facile perdere la testa per Parigi. Anche quando non cammini, quando sei seduto a un tavolino a bere caffè o champagne, questa attitudine non ti abbandona: vetri e specchi ti impongono di guardare fuori, la strada. E in tutti quei passanti vedi te, sui loro corpi, il tuo riflesso. Quando non cammini è la città che ti cammina addosso. Qui hai l’impressione che qualsiasi marciapiede sia uno scenario unico e seducente. Dentro o fuori al Café di ogni boulevard, avenue, rue o quai, ti specchierai in Parigi e Parigi si specchierà in te.


Parigi, la città allo specchio
un testo tratto da ‘Immagini di città’ di Walter Benjamin, 1963

Fra tutte le città nessuna quanto Parigi ha un legame così stretto con il libro. (…)

Non un monumento in questa città al quale non si sia ispirato un capolavoro della letteratura. Notre-Dame: pensiamo al romanzo di Victor Hugo. La torre Eiffel: Les Mariés de la Tour Eiffel di Cocteau, mentre con La prière sur la Tour Eiffel di Giraudoux siamo già alle vertiginose altezze della letteratura più recente. L’Opéra: col celebre romanzo poliziesco di Leroux, Le Fantôme de l’Opéra, ci troviamo nei sotterranei di questa costruzione e della letteratura al tempo stesso. Con Le Tombeau sous l’Arc de Triomphe di Raynal, l’Arco di Trionfo abbraccia la terra. Questa città si è iscritta così indelebilmente nella letteratura perché in essa opera uno spirito che è affine ai libri. Non ha forse predisposto da tempo, come un esperto romanziere, i motivi più avvincenti della sua costruzione? Ecco le grandi arterie militari che dalla Porte de Versailles dovevano un tempo assicurare alle truppe l’accesso a Parigi. E un mattino, all’improvviso, Parigi possedette le migliori strade per automibili fra tutte le città d’Europa. Ecco la Torre Eiffel – un puro monumento della tecnica d’ispirazione sportiva – poi un giorno, all’improvviso, una stazione radio europea. E le piazze vuote a perdita d’occhio: non sono forse pagine di festa, illustrazioni a tutta pagina nei volumi della storia universale? L’anno 1789 risplende in cifre rosse sulla place de Grèves. (…)

Chi in una città straniera si è trovato alle prese, a un angolo di strada, in un giorno di maltempo, con una di quelle grandi carte che si gonfiano come vele a ogni soffio di vento, si strappano agli orli e ben presto non sono che un mucchietto di fogli sudici coi quali si pena, imparerà dallo studio del Plan Taride cosa può essere una pianta di città. E che cosa la città è. Infatti interi quartieri dischiudono il loro segreto nei nomi delle loro strade. Sulla grande piazza davanti alla Gare St-Lazare si ha intorno a sé mezza Francia e mezza Europa. Nomi come Havre, Anjou, Provence, Rouen, Londres, Amsterdam, Costantinople si distendono lungo le strade grigie come nastri iridescenti su una seta grigia. È questo il cosiddetto quartier de l’Europe. Così si possono percorrere ad una ad una le strade sulla carta, ma si può anche perlustrare la città «strada per strada, casa per casa» in quell’opera gigantesca nella quale verso la metà dell’Ottocento Lefeuve, lo storiografo di corte di Napoleone III, ha raccolto tutto ciò che importava sapere. L’opera dà un’idea già nel titolo di cosa debba aspettarsi chi si avvicini a questa letteratura, chi tenti anche soltanto di approfondire le cento pagine contenute alla voce «Parigi» dal catalogo della Biblioteca Imperiale. Che però venne chiuso già nel 1867. Sbaglia chi s’aspetta qui soltanto letteratura scientifica, materiale d’archivio, topografico o storico. Di questa massa di libri, una parte nient’affatto secondaria sono le dichiarazioni d’amore alla «capitale del mondo». E non è una novità che la maggior parte provengano da stranieri. Gli amanti più appassionati di questa città sono quasi sempre giunti da fuori. (…) Non tutti gli adoratori, però, hanno deposto il loro omaggio ai piedi della città in forma di romanzo o di poesia. Proprio di recente Mario von Bucovich ci ha dato una bella, ispirata versione fotografica del suo amore, e Morand gli fa da padrino nella prefazione all’album.

At the foot of the Eiffel Tower. Paris by Mario von Bucovich, 1928

La città si rispecchia in migliaia di occhi, in migliaia di obiettivi. Non sono solo il cielo e l’atmosfera, non sono solo le réclame luminose dei boulevard ad aver fatto di Parigi la «Ville Lumière». – Parigi è la città dello specchio: liscio come uno specchio è l’asfalto delle sue strade per le automobili. Vetrate dinnanzi a tutti i bistrò: qui le donne si guardano anche più che altrove. La bellezza delle parigine è uscita da questi specchi. Prima che gli uomini le guardino, hanno già controllato dieci specchi. Una profusione di specchi circonda anche l’uomo, anzitutto al caffè (per renderlo più luminoso all’interno e dare una spaziosità piacevole a tutti i minuscoli steccati e recinti nei quali si suddividono i locali parigini). Gli specchi sono l’elemento spirituale della città, il suo scudo araldico nel quale sempre si sono iscritti gli emblemi di intere scuole letterarie. (…) Gli specchi proiettano l’esterno in movimento, la strada, nell’intérieur di un caffè allo stesso modo in cui un Hugo, un Vigny amavano catturare gli ambienti e collocare le loro narrazioni dinnanzi a uno «sfondo storico». Gli specchi che sono appesi appannati e sporchi nelle bettole sono il simbolo del naturalismo di Zola, quelli che si riflettono l’uno dentro l’altro in una serie senza fine fanno pendant a quell’infinito ricordo del ricordo nel quale la penna di Marcel Proust ha trasformato la propria vita. Quella recentissima raccolta di fotografie intitolata Paris, si chiude con l’immagine della Senna. Essa è il grande specchio, sempre desto, di Parigi. Ogni giorno la città proietta come immagini in questo fiume le sue solide costruzioni e i suoi sogni fra le nuvole. Esso accoglie benignamente queste offerte e, in segno del suo favore, le rompe in mille pezzi.


“The Infinite Eiffel Tower” by Elena Mazzoni Wagner, 2010

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