50 anni fa, già come oggi

Elena Mazzoni Wagner

(…) E questa era l’India che ci sarebbe rimasta nella memoria e nel cuore: tanto diversa da quella che avevamo sognato, bambini, e tanto sciupata. Ma tutto il mondo è sciupato, ormai. Col progresso abbiamo distrutto l’unico strumento per combatter la noia: quel difetto squisito che si chiama fantasia.

Si va da Calcutta a Singapore in quattro ore scarse, da Singapore a Jakarta in un’ora e mezzo. E cosa vedi, volando, all’infuori di una carta geografica viva, che sta sotto di te, e del bicchiere di whisky che ti porge la hostess? Non abbiamo distrutto soltanto la fantasia. Abbiamo distrutto il piacere di andar piano ed attendere, il senso della scoperta che ti dava il viaggiare, perfino il pericolo che ti viene con la sorpresa. Le compagnie aeree ti proteggono, dal momento in cui sbarchi dal jet al momento in cui sali sul jet successivo come se tu fossi un bambino un po’ scemo. Arrivando, sai quasi tutto, anche la delusione che accompagna l’arrivo. Se la curiosità per l’animo umano non ti sorregge e ti salva, vedi cose che già conoscevi attraverso il cinematografo: dolci paesaggi corrotti dalle case in cemento, verdi foreste semiabbattute per costruire autostrade, la civiltà intesa come réclame della coca-cola. I soli imprevisti nascono dalla burocrazia più imbecille che regalammo, insieme all’indipendenza, ai popoli oppressi dal colonialismo. (…)

Oriana Fallaci, Il sesso inutile – Viaggio intorno alla donna

50 anni fa. Era l’estate del 1960, quando il direttore de “L’Europeo” chiese alla trentenne Oriana Fallaci di fare un giro per il mondo, fermandosi soprattutto in Oriente. Doveva svolgere una precisa inchiesta, un reportage sulle donne.

Nonostante l’incredibile fascino della prima parte della richiesta, la giornalista inviata rispose che ci avrebbe dovuto pensare. E infatti prima di partire ci pensò bene.

Lei non sopportava una cosa: dover scrivere sulle donne o sui problemi che le riguardano. Le sembrava ridicolo. “Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico”. Poi un episodio la convinse a partire. E Oriana Fallaci partì alla ricerca della felicità, sinonimo di libertà, al femminile. Felicità che incontrò a tracce, sia in Oriente che in Occidente, nelle parole e nei volti di tutte quelle donne che ha poi raccontato nei suoi articoli, divenuti libro nel 1961: la raccolta intitolata “Il sesso inutile – Viaggio intorno alla donna”.

Ma l’estratto sopra riportato e che qui ci interessa, non riguarda la donna. Nè l’uomo (maschio). Riguarda gli uomini in generale. E il viaggio (tema caro a CCT). Leggendolo, sembra che cinquant’anni fa viaggiare fosse già come oggi. Almeno questa è la sensazione che Oriana Fallaci comunica e che l’homo videns dei nostri tempi (della società dell’immagine) dovrebbe comprendere molto bene. Solo che oggi, oltre al cinema, c’è la tv e soprattutto Internet. Così, viaggiare significa vedere cose che già “conosciamo” perché le abbiamo viste su qualche schermo. E arrivare in un luogo significa provare la delusione di chi, avendo già visto tutto, non ha niente di nuovo da scoprire.

Al di là del valore che può essere dato a questa conoscenza “schermata”, la riflessione (ante litteram) della Fallaci è reale e vera oggi molto più di quanto lo era al momento della sua espressione. Semplicemente perchè, oggi, le possibilità di “vedere prima di viaggiare” moltiplicano al secondo, esponenzialmente (basta pensare a quanti caricano su Facebook o Flickr i propri foto-album di vacanza).

La triste conseguenza di questo inevitabile progresso tecnologico (logistico, mediatico e informatico), sempre secondo Oriana, sono la scomparsa della fantasia, della sorpresa e della scoperta. Una volta, l’anima del viaggio.

Per sopravvivere a questo deserto di stimoli (mentre la pubblicità delle agenzie di viaggio continua a tentare i suoi spettatori con immagini che sarebbero degne della definizione “non-immagini”, visto che spesso mostrano solo “non-luoghi”), la Fallaci indica l’unico antidoto possibile: la curiosità per l’animo umano.

La curiosità è la sola che può salvarci dal simulacro devastante della conoscenza da display. La curiosità è l’atteggiamento del viaggiatore, più abitante che turista. La curiosità è ciò che portava Oriana prima a viaggiare e poi a vedere, a viaggiare per vedere. E’ la sensibilità di chi non si accontenta delle immagini. Di chi non sfoglia dépliant, ma cieli terre e mari.

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